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Banche verso un autunno caldo, Sondrio e Piazzetta Cuccia aprono la stagione

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
8 min

Autunno caldo in vista per le banche italiane, dagli extraprofitti a Unipol-Sondrio, da Mediobanca a Mps, i nodi vengono al pettine, mentre il boom volge all'imbrunire e il rischio di recessione minaccia gli attuali livelli

Banche verso un autunno caldo, Sondrio e Piazzetta Cuccia aprono la stagione

Banche croce e delizia di Piazza Affari, anche in questo scorcio finale d’estate che promette un autunno carico di incertezze nazionali e internazionali per il credito. Qualche numero può aiutare a perimetrare una situazione che resta liquida e sfuggente per molti aspetti.

Il Ftse Italia Banche è arrivato quasi raddoppiare il proprio valore dai minimi dello scorso luglio fino a raggiungere il primo agosto scorso un massimo di 13.294 punti ossia una performance del +94,49% in poco più di un anno. Da allora però la sterzata è stata decisa. Di sa che la borsa sale con le scale e scende con l’ascensore, ma parliamo di un -10,81% dai quei top in 27 sedute. Proprio in queste ore la tendenza rialzista definitasi da ottobre in poi è posta sotto assedio.

Il quadro europeo non è molto diverso: dai minimi di luglio l’Euro Stoxx Banks è riuscito a guadagnare fino al 65,23% (meno dunque dell’indice bancario italiano), salvo avviare un ripiegamento rapido (-24,56%) in sole 12 sedute e quindi impostare una lenta rimonta che comunque lascia ancora i prezzi sotto i top. Anche in questo caso l’uptrend di fondo appare sotto pressione, sebbene da marzo a oggi i prezzi abbiano seguito una tendenza sostanzialmente laterale con qualche leggera pulsione al rialzo. I top restano lontani, ma gli affondi sono cauti e diversi supporti sembrano scongiurare cadute troppo repentine.

Difficile dire se la normalizzazione dei prezzi dopo la spinta potente dei rialzi dei tassi d’interesse degli ultimi mesi sia la new normality di settore e se la volatilità preverrà aggiustando nel tempo multipli (comunque poco generosi rispetto alle quotazioni Usa) o se ci saranno scossoni più profondi o al contrario rilanci inattesi.

Il grosso dipenderà soprattutto dai tassi d’interesse, previsti ancora elevati e in crescita per un lungo periodo e ancorati a un quadro di fine congiuntura che sempre più chiaramente lascia intravedere o dipinge una vera e propria recessione.

Banche, il rischio recessione

L’Eurozona registra già da tempo una recessione tecnica, la Germania pure, l’Italia è in frenata e ha chiuso il secondo trimestre con un Pil congiunturale in calo dello 0,4% che è stato la peggiore performance fra quelle delle grandi economie e potrebbe, se confermato nel terzo trimestre, piombare anche il Bel Paese nella recessione tecnica.

La frenata della domanda denunciata dall’Istat tra aprile e giugno non promette bene per la tenuta della ripresa e l’inflazione, ancorché in calo, sta chiaramente erodendo o ha già eroso i risparmi dell’era del Covid, senza considerare che la frenata su Superbonus e Reddito di Cittadinanza metterà in sicurezza i conti pubblici ma toglierà carburante alla ripresa economica e alla domanda interna. Insomma è tempo di tirare la cinghia per i correntisti e senza la domanda anche i conti delle banche inevitabilmente risentiranno del nuovo contesto.

Senza considerare che la lievitazione delle spese per i mutui ha già impattato sul mercato immobiliare, aggiungendo non solo un freno al potere di acquisto delle famiglie, ma anche alla dinamica della compravendita. Potremmo già essere nella fase in cui rendimenti più alti sui prestiti non riescono più a bilanciare adeguatamente volumi decrescenti, un clima restrittivo che nel mondo delle imprese si è già manifestato da tempo e potrebbe tradursi anche in una crescita degli NPL che per ora fortunatamente non è alle viste, ma rimane un’ipotesi plausibile nel medio periodo.

I prestiti delle banche hanno già avviato una contrazione dal quarto trimestre del 2022, i depositi flettono dal primo di quest’anno. Un po’ di numeri aiutano.

I dati della Banca d’Italia fotografano la situazione di fine marzo, quando il Pil ancora cresceva. In totale le banche italiane registravano un ammontare di 1.826 miliardi di euro di prestiti, il grosso, ossia 1.747 mld a residenti, tolte amministrazioni pubbliche e società finanziarie si scende a 1.322 miliardi circa.

Le società non finanziarie e le famiglie produttrici ne prendono 719,279 miliardi, le famiglie consumatrici 594,921 miliardi.

Ma può essere una prospettiva fuorviante perché soltanto i mutui delle famiglie per l’acquisto della casa superano i 400 miliardi di euro, cui si potrebbero aggiungere i prestiti personali per quasi 60 miliardi.

Insomma un peso fondamentale nell’economia italiana delle banche (che poi è appunto la maggior parte) va attribuito alle famiglie e anche i depositi sono vedono un loro apporto imprescindibile per l’industria del credito e sono oltretutto in calo da tempo.

In questo contesto di rischio recessione che potrebbe pesare sulle prossime performance delle banche c’è la sfida strutturale del fintech che aggiunge con crescente pressione nuovi player al settore e rischia di erodere il bacino di utenza tradizionale delle banche in diversi settori, dal mercato dei pagamenti al trading, fino alla gestione del risparmio. Il successo delle emissioni di BTP indica chiaramente che anche i risparmiatori italiani sono stanchi di portafogli di liquidità a remunerazione zero in un contesto di inflazione elevata e senza dubbio delle reazioni dell’industria non tarderanno.

Ma passiamo alla Borsa.

Banche: i dossier caldi, a partire dagli extraprofitti

In questo contesto d’autunno della ripresa economica diverse partite sono importanti per l’industria bancaria italiana e lasceranno il segno sui listini.

La prima è quella della tassazione degli extraprofitti. Il passaggio parlamentare sarà sicuramente fondamentale per stabile le cifre dell’impatto, ma sostanzialmente nessuno pensa che possano davvero far male al credito italiano e oltretutto saranno probabilmente ridotte in Parlamento anche per il quieto vivere della maggioranza che dovrà evitare troppe divisioni in sede di redazione della manovra finanziaria.

A bocce ferma le stime più attendibili sono per un apporto complessivo da circa 2 miliardi di euro alle finanze pubbliche, ma il duello in Parlamento potrebbe più che dimezzare il conto per il credito italiano. Senza considerare che dopo l’altalena di agosto, le modifiche del governo e le previsioni di nuove limature, i corsi sembrano avere già scontato lo scenario attuale.

Banche, il caso Mediobanca

Un’altra partita di peso è senza dubbio quella di Mediobanca. Lo scontro Nagel contro Caltagirone si sposta a Piazzetta Cuccia e in vista della prossima assemblea il cda ha già chiesto continuità, ossia riconferme, mentre i soci maggiori della storica banca d’affari studiano forse una rivincita dopo la debacle sulla partecipata Generali.

La data rovente è quella dell’assemblea in unica convocazione il 28 ottobre, in quella sede verrà ridefinito il consiglio di amministrazione e quindi la governance della banca. Alberto Nagel è amministratore delegato di Piazzetta Cuccia dal lontano 2007. Renato Pagliaro è presidente del gruppo dal 2010. I risultati giocano in favore di questi manager, ma per una quotata tanto strategica la continuità amministrativa ultradecennale del gruppo è un’anomalia da feudo e i soci maggiori da tempo hanno lasciato trapelare la volontà di mandare un segnale di discontinuità.

Non proprio una rappresentanza proporzionale nel board che sarebbe forse complessa, ma almeno un ricambio sostanziale.

La Delfin che faceva capo a Del Vecchio ha il 19,8%, Francesco Gaetano Caltagirone ha un altro 5,6% Dall’altra parte, ma non si sa bene fino a che punto in area cda attuale, il patto di sindacato con il 10,85% e componenti di peso come Mediolanum, Gavio, Monge, Ferrero, Lucchini e buona parte dell’industria italiana. Non gli equilibri di un tempo senza dubbio.

Tutti pesi massimi, soprattutto il duo più o meno affiatato Caltagirone-Delfin, che hanno i numeri per ridisegnare il quadro, ma dovranno tenero conto della vasta compagine azionaria sulla quale influiscono anche gli istituzionali per un 4,5%

Entro il 28 settembre il cda attuale dovrà presentare la propria lista per il rinnovo del consiglio. Nel bene dell’immagine del gruppo sarebbe meglio che in questa sede venissero ricomposti gli equilibri e le strategia, ma è tutt’altro che escluso che sia presentata una lista alternativa da parte di Delfin e questo potrebbe rimettere tutto in discussione. Di certo l’appeal speculativo sul titolo non è destinato ad allentarsi prima di un accordo, con il cda attuale o contro di lui, in assemblea.

Banche, risiko su Sondrio? Ma forse è un dossier assicurativo

Altra partita è quella da anni chiaccherata e smentita del risiko. Periodicamente si diffonde in Italia un clima di fusione ed acquisizione, ma in pratica, con l’eccezione delle banche in crisi comprate per un euro dalle varie Intesa e Bper, soltanto la francese Credit Agricole ha messo a segno operazioni davvero di peso negli ultimi anni, al punto da impensierire non poco i competitor.

Al risiko spingono le sfide del Fintech che favorisce economie di scala e quelle dell’asset management, ma di fatto i grandi gruppi hanno scelto finora piccole operazioni e i discussi merger non si sono visti.

L’ultimo scossone di mercato è la richiesta della compagnia assicurativa Unipol di un’ascesa (tramite Unipolsai) fino al 19,99% della Popolare di Sondrio di cui controlla già il 9,5% circa.

Ma sembra più l’intenzione di difendere le polizze distribuite dalla controllata Arca, che non quella di accrescere il perimetro della partecipata Bper ancora alle prese con l’integrazione di Carige.

Ma questa mossa difensiva la dice lunga perché conferma che il mondo assicurativo e in generale dei servizi finanziari non bancari è sempre di più un driver delle operazioni straordinarie bancarie.

Non a caso la battaglia in Mediobanca è passata prima da Generali e l’offerta assicurativa è sempre più ghiotta per un mondo bancario alla perenne ricerca di aree di business da colonizzare.

Ma questo è forse già un altro discorso.

Banche, Mps sullo sfondo

Last but not least MPS: il dossier della privatizzazione sembra in perenne fase di disgelo, ma rimane lì e c’è chi pensa che il Tesoro dopo i niet un po’ ingrati delle banche italiane potrebbe cominciare a privatizzare un po’ alla volta mettendo in crisi gli assetti attuali. Difficile farlo senza aprire agli stranieri, ma forse sarebbe una prospettiva un po’ provinciale quella della difesa di bandiera per un settore tanto poco, nonostante tutto, internazionale, come quello bancario italiano.