TIM, segnali positivi in Italia, ma tutto dipenderà dalla rete
pubblicato:Segnali di vita da ricavi e margini italiani dopo anni, ma crescono il debito e le perdite. Aiuta molto TIM Brasil, mentre il dossier sulla rete rimane la vera partita per la salvezza della società

Le vendite diffuse sui mercati azionari non risparmiano TIM, che segna perdite superiori ai due punti percentuali dopo un affondo fino a 25,52 centesimi.
Sembra però più un dato di contesto che una reazione specifica ai dati del secondo trimestre 2023 appena pubblicati, che Equita ha definito coerenti con le attese.
Di certo però le ultime indicazioni e l’intervista dell’ad Pietro Labriola costituiscono l’occasione di fare il punto su uno dei dossier più strategici e discussi dell’economia e della finanza italiana.
TIM, i segnali dal mercato italiano
Luci e ombre dai dati di TIM. È stato il primo trimestre positivo per il mercato domestico dopo 5 anni e non è cosa da poco.
Nei tre mesi TIM ha registrato in Italia ricavi totali da 2,9 miliardi di euro (+0,6%) e si stabilizzano i ricavi da servizi (2,6 mld, -0,9%). L’ebitda si stabilizza con una crescita dello 0,5% a 1,1 miliardi di euro. Le attività in Italia sono essenziali per il gruppo che da anni non riesce a competere in patria, anche per via della forte competizione sui prezzi.
Prosegue dunque l’azione sui costi e la trimestrale ricorda che è in azione il “Piano di Trasformazione” che prevede una riduzione cumulata di costi cash da 1,5 miliardi di euro entro il 2024.
Da Oltremare per fortuna continuano ad arrivare buone notizie, con TIM Brasil che segna una crescita dei ricavi da servizi del 9,5% nel trimestre a 1,1 miliardi di euro. L’ebitda al netto delle componenti straordinarie mostra in Brasile un balzo del 17,3% a 0,5 miliardi. È ancora un toccasana per l’intero bilancio.
Se nel trimestre si guardano i business invece delle geografie, si ottiene un quadro ancora più preciso.
TIM Consumer: ricavi totali in calo del 5,6%, ma ci sono segnali di stabilizzazione.
TIM Enterprise: ricavi in crescita dell’1,1%, spingono cloud (+13%) e security (+5%), flettono connettività (-6%) e IoT (-4%).
Netco, la società della rete registra una crescita dei ricavi totali del 7,8%
Tim Brasil, come detto, va molto bene.
TIM, i dati complessivi del semestre
Se si guarda l’intero semestre TIM chiude con ricavi da 7,8 4mld (+3,5%), di cui 5,8 mld dall’Italia. L’ebitda dei sei mesi è cresciuto del 4,7% a 3,1 miliardi, grazie al +19,4% del Brasile (1,78 mld) mentre il mercato domestico flette ancora dell’1,1% a 2,13 mld. Stessa dinamica per l’Ebitda after lease da 2,55 mld (+3,1%).
Nel primo semestre il flusso di cassa della gestione operativa di TIM è cresciuto da 353 a 762 milioni di euro (ma l’equity free cash flow che indica la cassa disponibile per remunerazione capitale, debito e copertura di investimenti finanziari e pagamenti di licenze passa da +338 mln a -167 milioni di euro).
Indicazioni negative vengono invece dal Capex, ossia gli investimenti in calo del 6,1% a 1,84 mld (al netto delle licenze per telecomunicazioni), e dall’indebitamento finanziario netto che a fine giugno torna a 26,2 miliardi di euro con un aumento in 6 mesi di altri 800 milioni di euro.
In proposito l’ad Pietro Labriola ha parlato di spese straordinarie collegate alla “maxi rata per il 5G” (“l’asta più irrazionale d’Europa”), al pagamento delle frequenze in Brasile e all’acquisizione di OI, sempre in Brasile. Il piano però, ha ribadito il manager, è orientato al deleverage.
Nel primo semestre si registra una perdita attribuibile ai soci della controllante di 813 milioni di euro, in crescita dal rosso di 483 milioni del primo semestre 2022 dopo oneri netti non ricorrenti per 437 milioni di euro. Si tratta di oneri non ricorrenti collegati a costi e accantonamenti per il personale relativi all’esodo di massime 2.000 persone con validità fino alla fine del prossimo novembre.
In TIM lavorano alla fine di giugno 50.187 persone di cui 40.665 in Italia, dove il numero di addetti è diminuito dalle 40.752 di fine dicembre. E il tema del personale è anche basilare nel dossier più scottante della compagnia, quello della rete.
TIM, il nodo della rete
Il tema della rete che TIM si appresta a scorporare rimane d’altronde, neanche troppo sullo sfondo, il tema dominante.
Labriola ha affermato di aspettarsi entro fine settembre un’offerta vincolante da KKR e ha ricordato che un anno fa le offerte si aggiravano sui 14 miliardi e ora invece supererebbero i 20 miliardi di euro stando ai giornali.
I rumors parlano infatti di una proposta dal fondo americano KKR da circa 21 miliardi di euro, forse anche superiore con l’opzione poi di un accordo per la creazione della rete unica con la OpenFiber di CDP.
La cessione della rete appare a tutti indispensabile per garantire la sostenibilità del gruppo e risolvere il peso del debito da 26,2 miliardi di euro, ma l’ad Pietro Labriola ha preferito parlare al Sole 24 Ore di opportunità non solo per TIM, ma per tutto il Paese.
Un’opportunità – ha specificato specificando in pratica le condizioni del deal - che si potrà realizzare soltanto se il valore rispecchierà quello della rete, se ci sarà un taglio significativo del debito e se la ServiceCo, la società dei servizi che rimarrà in TIM resterà finanziariamente e industrialmente sostenibile.
Al riguardo Labriola ha voluto spezzare un’altra lancia affermando che i servizi di TIM sono proiettati verso un ebitda oltre i 3 miliardi quest’anno con oltre un miliardo di flussi di cassa operativi, con il debito adeguato forse sarebbe già sostenibile. Le ipotesi che circolano sul mercato sono di un abbattimento del debito della ServiceCo che rimarrà di circa 10-11 miliardi di euro, questo dovrebbe lasciare a circa 15 mld il debito rimanente di TIM e con quei 3 miliardi di ebitda la società dovrebbe essere sostenibile.
L’operazione andrà vista alla prova dei fatti, ma ovviamente è discussa già da tempo. Il maggior socio singolo di TIM Vivendi ha sempre frenato sulla cessione della rete di TIM, ma le proposte sono lievitate e le indiscrezioni indicano vaghi spiragli che prima non c’erano, anche per via forse, del coinvolgimento del governo.
Il tema sociale sarà fondamentale, rumors parlano della richiesta di Vivendi di non lasciare più di 8 mila dipendenti in TIM e si rischia un impatto sociale enorme in diversi scenari.
Ma anche il problema del futuro assetto proprietario non è da poco, anche perché la fusione in un secondo momento tra Netco e Open Fiber sotto la guida di CDP potrebbe creare problemi di Antitrust UE e per questo la Cassa Depositi e Prestiti, già oggi azionista di TIM, potrebbe fare anche un investimento diretto nella rete.
I rumors ipotizzano interventi affiancati del fondo F2i e del Ministero dell’Economia, ma KKR vorrebbe comunque la maggioranza di Netco. Il governo ha sempre parlato dell’obiettivo della “rete nazionale”, l’asset è strategico e sembra ormai indubbio che le istituzioni vorranno dire la propria su un dossier peraltro strettamente intrecciato con il PNRR.