Broadcom, maxi ordine di chip per l’AI

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Maxi-ordine da 10 miliardi di dollari per la società di Palo Alto. Potrebbe essere di OpenAI. Sicuramente sarà solo il primo nel mercato presidiato da Nvidia e per il titolo è già record

Broadcom, maxi ordine di chip per l’AI

Intelligenza vorace. Sapevamo già che i costi dell’intelligenza artificiale sarebbero stati enormi, in crescita esponenziale a fronte di promesse stellari e della promessa dorata di una rivoluzione produttiva si spera non troppo dolorosa.

Non sappiamo ancora quanto, oltre ai costi energetici più o meno fuori controllo, gli investimenti dei big del settore AI si diffonderanno premiando questo o quello specialista, questa o quella regione della filiera.

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È un caso d’interesse, negli ultimi giorni, quello di Broadcom, che a margine della presentazione dei dati del trimestre al 4 agosto (il terzo del suo esercizio), ha aggiornato i massimi storici a 356,34 dollari. Ossia una capitalizzazione fino a 1,73 trilioni di dollari, un livello non troppo lontano dall’intero Prodotto interno lordo.

Il colosso di Palo Alto ha registrato un balzo dei ricavi del 22% a 15,95 miliardi di dollari nei tre mesi, battendo le attese, e ha anche mostrato un ebitda adjusted in volo del 67% a 10,7 miliardi e un utile netto per azione rettificato (eps adjusted) da 1,69 dollari nel trimestre contro gli 1,24 dollari di un anno prima e oltre il consensus raccolto tra gli analisti in media a 1,65 dollari.

Ma a scaldare i prezzi di Broadcom (che poi in chiusura è tornata a quota 334 dollari circa) è stato l’annuncio di un nuovo ordine da ben 10 miliardi di dollari per dei chip per l’intelligenza artificiale. La cronaca finanziaria si è subito focalizzata sul caso, mentre i prezzi di Broadcom a Wall Street lievitavano, alla fine la vulgata più diffusa ha individuato in OpenAI, la casa di ChatGPT, il committente misterioso di cui Broadcom non ha voluto fare il nome.

Il Wall Street Journal ha fornito una ricostruzione verosimile.

Sam Altman, il noto CEO di OpenAI da tempo lamenta la mancanza di chip per allenare i modelli più evoluti d’intelligenza artificiale. Ancora lo scorso 27 febbraio, nell’annunciare: “GPT-4.5 è pronto!” dicendo che è il primo modello che mi dà l’impressione di parlare con un essere umano (!) aggiungeva: “Cattiva nuova: è un modello gigantesco, costoso. Vorremmo davvero lanciarlo di più e meglio allo stesso tempo, ma siamo cresciuto molto e ci mancano le GPU (i microprocessori per l’AI, ndr). Ne aggiungeremo decine di migliaia la prossima settimana […] (centinaia di migliaia arriveranno presto e sono certo che tutti voi userete tutte quelle che monteremo)”.

Il binomio chip e AI rima sempre con Nvidia e infatti OpenAI si è appoggiata pesantemente sulla società guidata da Jensen Huang negli ultimi anni, ma pian piano che server e dimensioni crescevano i produttori hanno dovuto incontrare sempre più sfide e così sembra che OpenAI si sia rivolta anche a Broadcom per la produzione di microprocessori su misura per le sue esigenze.

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Se fosse confermato, significherebbe che la società guidata da Hock Tan potrebbe ‘rubare’ ricavi fino a 12 miliardi di dollari a ‘Nvidia rifiondandosi nell’hype dell’intelligenza artificiale dalla porta di ingresso.

Oltretutto chiamare in campo un colosso come Broadcom significa anche mettere in gioco i modelli di intelligenza artificiale distribuita, che scavalcano anche le dimensioni di un singolo server, per quanto hyperscale.
Ci sono già molti colossi che adottano questo modello di business, da OpenAI a che ha pagato più di 30 miliardi di dollari al gigante del cloud Oracle, a Meta, Mistral e tanti altri. Alla ricerca di chip OpenAI ha anche bussato alle porte di Google e al contempo è impegnata nel piano Stargate.

Hock Tan ha comunque affermato che il nuovo ordine, atteso tra un anno, potrebbe aumentare in maniera significativa i ricavi previsti per il 2026. Di certo gli ordini sono stati estremamente forti per Broadcom e hanno permesso il nuovo record del backlog consolidato a 110 miliardi di dollari. Soltanto nel terzo trimestre la divisione semiconduttori di Broadcom ha raggiunto i 9,2 miliardi di dollari, più di metà del turnover complessivo e con un tasso di crescita maggiore, del 26%