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BCE, il dilemma tra inflazione e recessione

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
5 min

Domani la decisione sui tassi. Sarà una delle più difficili e gli analisti sono divisi. Un’ultima stretta per domare l’inflazione o una pausa per dare tregua all’economia? Il deterioramento macroeconomico dell’Eurozona complica le cose, come il rialzo dei prezzi del petrolio

BCE, il dilemma tra inflazione e recessione

Analisti divisi sulle decisioni di domani della Banca centrale europea. C''è chi pensa che sarà necessario un ultimo rialzo dei tassi, chi chiede una tregua per l'economia europea in crisi.

Un aumento di un quarto di punto porterebbe i tassi principali al 4,5%. Significherebbe un rialzo parallelo dei tassi sui depositi dal 3,75 al 4,00%, il decimo rialzo consecutivo: sarebbe la conferma di una stretta monetaria di forte contrasto all’inflazione nonostante i segnali di debolezza dell’economia europea che si accumulano nei mesi.

Bce, nell'Eurozona l'economia invia brutti segnali

La settimana su questo fronte si è aperta con toni cupi e nelle sue Previsioni d’estate la Commissione Europea ha tagliato le stime sulla crescita del Pil dell’Eurozona nel 2023 dall’1,1 allo 0,8%, mentre per l’anno prossimo il forecast è di un Pil in crescita dell’1,3% invece dell’1,6% atteso in primavera.

Nelle tabelle illustrate da Paolo Gentiloni si certifica la recessione tedesca e per la Repubblica Federale è previsto un -0,4% del Pil nel 2023 (vs. +0,2%) e un rimbalzo dell’1,1% l’anno prossimo.
Tagliate anche le stime dell’Italia -dall’1,2% allo 0,9% di Pil quest’anno – a conferma che le economie del Vecchio Continente più legate alla vacillante Cina subiranno un impatto.

Vanno bene, invece, e migliorano in previsione, Francia (+1%) e Spagna (+2,2%).

Contrastati nel report della Commissione i dati chiave dell’inflazione, basilari per le valutazioni della Bce, con la stima di un +5,6% nel 2023 (vs. 5,8%) e una crescita delle attese sui prezzi dal 2,8 al 2,9% nel 2024.

Il quadro generale economico europeo si conferma quindi in deterioramento. Diminuiscono i prezzi dell’inflazione complessiva, ma persiste la pressione dei prezzi dei servizi. L’inflazione headline è scesa al 5,3% a luglio e ad agosto, l’inflazione core (senza energia e alimentari freschi) è sullo stesso livello, ma è ancora troppo elevata.

Il panorama rimane molto fragile, perché al rallentamento dei consumi della prima metà del 2023 si oppongono salari in crescita e, più di recente, anche nuovi rincari dei prezzi energetici, a partire dal petrolio, che minaccia la dinamica di stabilizzazione complessiva.

La frenata è stata confermata oggi dai brutti dati sulla produzione industriale dell’Eurozona a luglio. C’è una flessione del 2,2% anno su anno e dell’1,1% sul mese precedente per l’area della moneta unica: cala la produzione di attrezzature (capital good) e di beni durevoli.

Tassi BCE, i dati chiave dell'inflazione

Così si ripropone il grande dilemma che domani i 26 membri del direttivo della Bce dovranno risolvere: ribadire una dura politica monetaria di contrasto dell’inflazione o aspettare che si radichino anche gli effetti della stretta monetaria continua degli ultimi mesi evitando danni collaterali all’economia?

Secondo UBS l’ultima tornata negativa di dati macroeconomici ha spostato l’”onere della prova” sui falchi, spetterà a loro spiegare perché è tanto necessario fare ancora male all’economia europea.

La banca svizzera, come diversi altri analisti, era propensa a ritenere che questa settimana la Bce avrebbe fatto un altro rialzo di un quarto di punto per rimettere in carreggiata le proiezioni sui prezzi, ma i dati negativi dall’economia gettano acqua sul fuoco.

Acquistano così un peso particolare le indiscrezioni di Reuters, secondo la quale fonti vicine al dibattito sui tassi dentro la Bce avrebbero indicato che la Banca centrale si attende ancora un’inflazione dell’Eurozona superiore al 3% l’anno prossimo, nel 2024.

Il corollario sarebbe che la traiettoria dei prezzi è ancora fuori target e bisognerà a malincuore stringere ancora. Tutto da dimostrare, la Commissione – come detto – si aspetta prezzi sotto il 3% l’anno prossimo, ma chiaramente le valutazioni della Bce sono molto più articolate.

Stando ai numeri dati dallo staff macroeconomico della stessa Eurotower a giugno, l’inflazione HICP (armonizzata) del 2024 è prevista in rallentamento dal 5,4 al 3,0% La cifra tonda potrebbe dunque essere il discrimine: è già distante dall’obiettivo del 3% e anche la stima del 2025 al 2,2% è sopra il target, ma se le stime della stessa Bce peggiorassero, allora la paura di un’inflazione ancora fortemente radicata potrebbe prevalere e spingere al decimo rialzo dei tassi.

I key rates salirebbero allora rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00% Sarebbero probabilmente (ma non sicuramente) gli attesi tassi terminali, ma infliggerebbero un altro duro colpo alla declinante economia europea.

Tassi BCE, gli impatti sui mutui

Gli esperti di Facile.it e di Mutui.it, che monitorano di continuo il mercato immobiliare, hanno calcolato che un altro rialzo dello 0,25% dei tassi si tradurrebbe in un possibile balzo della rata del mutuo variabile a 759 euro, il 66% in più di inizio 2022. Il riferimento è un mutuo da 126 mila euro a 25 sottoscritto nel gennaio 2022, ma è chiaro che un ulteriore rincaro del costo del denaro peserebbe ulteriormente su intere fette dell’economia, dal mercato immobiliare alle imprese, con impatti anche sugli investimenti.

BCE, una scelta difficile

I segnali che giungono dai Paesi membri confermano lo scenario di passaggio dell’Eurozona da una mera recessione tecnica a una crisi più ampia, quindi nessuna nuova decisione sui tassi potrà essere presa alla leggera.

In fondo il rallentamento della domanda e dell’economia per raffreddare i prezzi è in corso e, man mano che scompaiono alcuni effetti base fuorvianti, la riduzione dell’inflazione dovrebbe prendere piede e soddisfare la Bce.

Questa però è appunto solo una delle valutazioni che emergono dal dibattito molto contrastato tra gli analisti sul tema. Sicuramente sarà una scelta molto difficile, forse la più difficile del ciclo.

Una pausa potrebbe indicare che abbiamo già raggiunto il tasso terminale e dopo una sosta, prevedibilmente abbastanza lunga, su questo livello potremo ragionare su eventuali ribassi quando la dinamica dei prezzi si sarà normalizzata.

C’è però anche la possibilità che nuovi interventi siano richiesti in un secondo momento da un peggioramento del contesto inflattivo. L’approccio meeting by meeting della Bce, rigidamente ancorato ai dati che via via vengono pubblicati, lascia una certa libertà all’Eurotower. Ma non la esime dalle decisioni, anche gravi, che è necessario prendere. E sicuramente quella di domani sarà una delle scelte più difficili.