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Comprendere l’impatto legale del Bitcoin: guida completa a Leggi, Normative e Tassazione

di Enrico Danna pubblicato:
6 min

Il mondo delle criptovalute, sino ad oggi, ha vissuto in una specie di limbo per ciò che concerne la regolamentazione, la normazione e la tassazione. Negli ultimi mesi, invece, si stanno facendo passi avanti ai fini di una maggiore tutela sia del mercato che dei risparmiatori.

Comprendere l’impatto legale del Bitcoin: guida completa a Leggi, Normative e Tassazione

Bitcoin: un inquadramento di difficile interpretazione 

Le criptovalute e, il Bitcoin, nello specifico, hanno una vita piuttosto breve, in quanto la loro origine si fa risalire al 2008

In definitiva, quindi, siamo entrati nel quindicesimo anno di esistenza di un mondo che spaventa, affascina e che, dall’esterno, appare forse più complicato di quello che è nella realtà. 

Non trattandosi di uno strumento posto sotto il controllo delle banche centrali, l’aspetto più delicato è sempre stato quello della collocazione, di questi strumenti digitali, all’interno di un perimetro governato da strumenti ben identificati e codificati. 

Il Bitcoin, invece, per la sua stessa natura, sfugge a questo genere di classificazione. 

Ecco che quindi, diventa difficile, anche per il risparmiatore che intenda investire parte delle proprie risorse in questa entità digitale, capire come muoversi a livello normativo e fiscale. 

In realtà, specie all’inizio, la rilevanza possibile del mondo delle criptovalute all’interno di un più ampio contesto di strumenti finanziari reali, è stata ampiamente sottovalutata e quindi non ci si è premurati di dettare riferimenti e regole precise anche in termini di tassazione dei proventi realizzati. 

Ora, invece, anche l’Unione Europea pare essersi accorta di un settore in costante crescita, e sta cercando di dotarsi di una normativa di riferimento che tenda ad essere più univoca possibile, onde evitare di finire in un ginepraio interpretativo dal quale risulti poi impossibile uscire. 

Bitcoin e cripto: cos’è il MiCA 

MiCa (Market in crypto-assets) è la prima serie di norme di riferimento emesse dall’Unione europea al fine di regolamentare, all’interno dei Paesi Membri la tracciabilità dei trasferimenti delle cripto-attività. 

Questa serie di provvedimenti ha come finalità quella di prevenire il riciclaggio, il terrorismo e altri reati simili

A tal fine, infatti, va considerato che, per la loro natura di indipendenza ed invisibilità al sistema, le criptovalute, sono state anche utilizzate per scopi fraudolenti e quindi, la normazione in questione, va nella direzione di cercare di prevenire ed impedire questa fenomenologia di eventi. 

Il MiCa va a normare emissione e negoziazione delle criptovalute, l’autorizzazione ai vari fornitori di servizi utili al funzionamento del sistema cripto valutario con riferimenti specifici anche agli emettenti di token, la protezione e la difesa del consumatore (risparmiatore), nonché la ricerca della prevenzione di possibili abusi di mercato. 

In definitiva, viene resa operativa una regola già in essere per le classiche transazioni attuate quotidianamente all’interno del mondo finanziario tradizionale, ovvero quella del “Travel rule” che consiste nel memorizzare, per ogni transazione, tutti i dati inerenti allo scambio stesso (dati personali, quantità, riferimenti, etc). 

Col MiCa, ad ogni trasferimento di fondi, verrà richiesto ai fornitori di servizi digitali riconosciuti dal MiCa stesso, di inserire tutti i dati relativi sia al mittente che al beneficiario. Insomma, tracciabilità a 360 gradi. 

Bitcoin: cosa succede in Italia 

Se da una parte l’Unione Europea, col MiCa sta cercando di dare una uniformità di trattamento e valutazione della materia, dall’altro, a livello tributario e fiscale, le posizioni tra i singoli stati sono ancora piuttosto differenti. 

Per quanto riguarda l’Italia, si deve notare un certo vuoto a livello normativo. 

Senza una normativa chiara di riferimento, sono state le risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate ai quesiti dei singoli contribuenti, a fare giurisprudenza in materia di collocazione e tassazione delle criptovalute e dei proventi da esse originati. 

In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha considerato le valute digitali alla stregua delle valute estere, disciplinando così la materia attraverso l’art. 67, comma 1, lettera da c-ter) a c-quinquies) del Tuir (Testo unico imposte sui redditi)

In tal caso, quindi, procedendo per via analogica, i redditi provenienti da operazioni effettuate in criptovalute da persone fisiche non imprenditori, potevano assumere, a seconda dei casi, la casistica di redditi di capitale o redditi diversi. 

Venivano inoltre considerati dei limiti di giacenza (almeno 51.645,79 euro) e tempo (almeno 7 giorni consecutivi di giacenza sul wallet) per individuare l’operabilità o meno della tassazione pari all’imposta sostitutiva del 26%.

Le cose, però stanno cambiando. 

Bitcoin: nuovo regime per le plusvalenze 

L’inserimento della nuova lettera c-sexies all’interno dell’art. 67 comma 1 del Tuir, serve ad inserire la nuova fattispecie ai fini reddituali per i proventi derivanti dalla cessione di cripto attività di importo superiore ai 2.000 euro. 

Per la prima volta, quindi, si smette di paragonare il mondo cripto a quello delle valute straniere, ma si individua una fattispecie ben precisa ed unica al fine di regolamentare, non per analogia, ma in maniera mirata, un settore che presenta dei tratti distintivi ben specifici. 

Inoltre, le semplici operazioni di permuta (ovvero da una cripto all’altra senza trasformazione in valuta avente corso legale) vengono considerate, in via generale, non rilevanti da un punto di vista fiscale.

A patto che, le cripto scambiate, abbiano medesime caratteristiche e funzioni (e qui le perplessità in effetti non sono poche, a livello interpretativo). 

Le plusvalenze inerenti a operazioni su cripto-attività sono quindi soggette a tassazione del 26% come da D.Lgs n. 461/96.

In seguito all’introduzione del comma 9-bis dell’art. 68 del Tuir, si considera plusvalenza la differenza tra quanto percepito all’atto della vendita (o valore normale dell’attività data in permuta) e il relativo costo d’acquisto necessariamente documentato (in assenza di documentazione valida, questo si presume pari a zero). 

Anche per ciò che concerne il mondo delle criptovalute è consentita la possibilità di optare sia per il regime amministrato che per il risparmio gestito. 

Bitcoin: minusvalenze, plusvalenze, sanatorie 

Per ciò che concerne minusvalenze e plusvalenze, è possibile considerare, come costo d’acquisto, quello alla data del 1° gennaio 2023 (anziché quello sostenuto) a condizione che questo valore venga sottoposto ad imposta sostitutiva del 14% (si deve effettuare una rivalutazione del valore dell’attività digitale). 

Le nuove norme sono entrate in vigore dall’inizio del nuovo anno mentre, tutto ciò che è relativo al passato, viene trattato come “redditi diversi” ai sensi dell’art. 67 del Tuir. 

Per ciò che concerne le minusvalenze generate da operazioni in criptovalute ed originate in periodi antecedenti all’inizio del nuovo anno, queste potranno essere compensate anche con operazioni di altra natura

Sul wallet digitale, ove vengono detenute e conservate le criptovalute, è stata prevista, al pari dei depositi titoli, l’introduzione di una imposta di bollo (o imposta sul valore delle cripo attività) pari al 2 per mille. 

E se un risparmiatore ha necessità di sanare posizioni relative agli anni precedenti per mancata o inesatta dichiarazione dei proventi?

Può presentare apposita istanza all’Agenzia delle Entrate versando lo 0,5% del valore non dichiarato per ogni anno di omissione. 

Per omessi pagamenti dovuti a realizzi invece, il contribuente, può mettersi in regola versando il 3,5% del valore dell’attività digitale posseduta alla fine di ogni anno o al momento della vendita.