FTAOnline

Gestione attiva vs gestione passiva: quale rende di più?

di Enrico Danna pubblicato:
3 min

Capita, non di rado, di scegliere un fondo o un etf sulla base del gestore, dell'area di investimento, dei risultati pregressi. Ci si dimentica, troppo spesso, di considerare se attua una tipologia di gestione attiva o passiva. Un dettaglio che non è affatto trascurabile.

Gestione attiva vs gestione passiva: quale rende di più?

Gestione attiva o gestione passiva: una scelta importante

Affidarsi da un gestore significa puntare sul fatto che, la sua professionalità e competenza, siano in grado di rivelarsi un plusvalore e quindi fornire risultati migliori rispetto a quelli che si potrebbero ottenere col “fai da te”. 

Nella scelta del gestore e dello strumento finanziario su cui puntare, un aspetto importante è quello relativo alla tipologia di gestione messa in atto.

Ovvero, meglio scegliere una gestione attiva o passiva

Giova ricordare che la gestione passiva ha come obiettivo quello di replicare un indice di riferimento sottostante mentre quella attiva punta a fare meglio del benchmark. 

Fondamentalmente, non esiste una risposta univoca alla domanda di cui sopra.

I fattori da prendere in considerazione sono diversi e riguardano sia la sfera dell’individuo (ovvero personale) sia l’ambito operativo del gestore. 

Inoltre, la risposta può variare a seconda dell’arco temporale che si prende in considerazione. Cerchiamo di capirne di più. 

Gestione attiva vs passiva: il tempo è la discriminante 

Nel corso dell’ultimo anno, secondo recenti ricerche, i gestori attivi hanno portato a casa risultati migliori rispetto ai colleghi che invece attuano la gestione passiva. 

Che valenza può avere questa informazione? 

Può significare tanto o poco, a seconda del punto dal quale si osservano gli eventi. 

Dagli stessi elaborati emerge però anche come, nel lungo periodo, sia la gestione passiva a riconoscere i migliori rendimenti ai possessori di strumenti che attuano questo tipo di strategia. 

Ergo, non si può fare una valutazione di carattere generale, ma occorre fare una analisi personale e quindi verificare caso per caso. 

La scelta in merito alla tipologia di gestione, oltre al tempo a disposizione, dipende anche dalla tolleranza al rischio che il risparmiatore può mettere in campo.

Perché, tendenzialmente, un gestore che mira a battere il benchmark, deve attuare una strategia più aggressiva e osare di più. 

Tradotto, rischiare in maniera superiore rispetto a chi deve solo occuparsi di replicare l’indice di riferimento. 

Bisogna poi considerare anche i costi che incidono sul risultato finale e che decurtano il rendimento netto dell’investitore

Gestione attiva vs gestione passiva: non solo rendimenti 

Il rendimento è di sicuro il dato che balza maggiormente all’occhio, nonché quello per il quale si opta per un investimento piuttosto che per un altro. 

Bisogna però considerare anche altri fattori, ad esso collegati. 

Alcuni sono già stati evidenziati, come ad esempio il rischio e il tempo. 

Non dobbiamo però scordare anche la sopravvivenza del fondo, dell’etf o dello strumento finanziario gestito.

Che cosa significa? 

Mediamente, i prodotti a gestione passiva, vantano un tasso di sopravvivenza superiore rispetto a quelli attivi. 

Questi ultimi, infatti, nel caso in cui ottengano risultati negativi, sono destinati ad avere vita breve ed essere “chiusi” dal gestore stesso.

Ciò può comportare problematiche per il risparmiatore che si ritrova a fare i conti con un evento che non aveva previsto né tantomeno preventivato. 

  

 

 

Argomenti

Investire Oggi