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Febbre da buyback, il maxipiano da 110 mld di Apple non è un caso

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

E' record, ma non è una novità, nei mesi scorsi si sono dati alla cedola e al buyback anche Meta e Google e intanto il riacquisto di titoli propri si diffonde anche in Europa e in Italia: casi eccellenti Unicredit ed Eni, ma anche Enel dice la sua

Febbre da buyback, il maxipiano da 110 mld di Apple non è un caso

Il buyback record da 110 miliardi di dollari appena annunciato da Apple fa rumore sui mercati. È il record di sempre, nessuno aveva mai annunciato un simile piano di riacquisto di azioni proprie. E’ una montagna di soldi che insieme all’aumento del dividendo del 4% a 0,25 dollari per azione fa dimenticare di colpo tutto il resto che invece non andava nella trimestrale annunciata ieri, dal calo dei ricavi del 4% a 90,8 miliardi di dollari al calo del 10% delle vendite dell’iPhone che poi sono il core business della mela di Cupertino.

In aftermarket il titolo ha guadagnato il 6,03% e si è riportato a 183,46 dollari per una capitalizzazione complessiva del gruppo di oltre 2,83 trilioni di dollari, che significa che il buyback da solo vale un 3,88% del valore della società. Un rendimento interessante, ma non il solo.

Sui mercati azionari globali e nazionali infatti è facile notare che l’onda dei buyback prosegue e si rafforza. Le società si ricomprano i titoli e dicono al mercato quindi che investire nel loro business è un buon affare. Dal lato opposto gli azionisti di società che mostrano ancora utili robusti passano all’incasso, quindi la redistribuzione di valore ai soci tramite buyback e dividendi si diffonde.

È vulgata sempre più comune in queste settimane. È soprattutto nel tech alle prese con fortissimi investimenti nell’AI, ma anche negli altri settori alle prese con questa fase carica di incertezze, un segnale di fiducia importante.

Buyback, a Wall Street cedole e riacquisti anche per Meta e Alphabet

Non è un caso che una delle giornate più intense di Wall Street degli ultimi mesi sia stata quella dello scorso 1° febbraio quando Meta, la casa di Facebook e Whatsapp, ha annunciato il suo primo dividendo trimestrale (ponendo la cedola a 0,50 dollari) e un aumento dei buyback da ben 50 miliardi di dollari. L’azione quel giorno ha fatto un balzo del 20% che ha aperto un gap up nel grafico ricoperto soltanto lo scorso 25 aprile con l’ondata di vendite sul tech seguita agli annunci di costi in crescita per l’AI.

Ma intanto l’approccio è cambiato e sorge il sospetto che in questa fase i big tecnologici di New York stiano ridisegnando il loro profilo: Signori stiamo facendo investimenti di lungo periodo e quindi anche il nostro valore si dispiegherà nel tempo, dovrete starci vicini con più costanza. Quindi cedole e buyback che dispiegano valore in un periodo più dilatato.

Non proprio azioni da cassettisti, ovviamente, ma qualcosa di più vicino. Alla fine del 2023 Meta aveva investito 20,03 miliardi di dollari nelle proprie azioni e aveva ancora autorizzazioni al riacquisto per 30,93 miliardi di dollari, cui poi ha aggiunto altri 50 miliardi di dollari. Una montagna di soldi appunto.

Il parallelo con Alphabet, la società di Google, è quasi immediato. Anche Alphabet ha appena annunciato l’avvio del dividendo trimestrale, proprio lo scorso 25 aprile. La cedola trimestrale parte da 0,20 dollari il prossimo 17 giugno e il gruppo ha annunciato un aumento del buyback in corso da ben 70 miliardi di dollari (azioni di classe A e C).

Buyback importanti anche nel petrolio, da Shell a Eni

Ma i buyback sono sempre più presenti in tutte le industrie in questi giorni. Ieri il colosso del petrolio e soprattutto del gas Shell ha annunciato, tra l’altro, l’avvio di un altro buyback da 3,5 miliardi di dollari per i prossimi tre mesi. Le distribuzioni ai soci erano già state pari al 41% del cash flow from operations (CFFO).

La nostra Eni nel piano al 2027 ha annunciato la distribuzione di valore ai soci pari al 30-35% del CFFO, fra dividendi e buyback, e lo scorso 4 aprile ha annunciato che proporrà ai soci, in caso di aumenti di CFFO rispetto ai targer del piano, la distribuzione in buyback fino al 60% dei flussi di cassa incrementali. In questo contesto la società ha annunciato un nuovo programma di buyback per 1,1 miliardi di euro per il 2024.

I piani di riacquisto di azioni proprie, un evergreen delle politiche di redistribuzione di valore, da tempo si stanno rafforzando in Europa. Lo segnalava in tempi poco sospetti BNP Paribs, quando l’anno scorso segnalava che nel mercato europeo i buyback nel 2022 erano raddoppiati e si prevedeva – come è stato – un 2023 forte.

In un report più recente Schroders ha evidenziato che la politica di buyback storicamente consolidata negli Stati Uniti come strumento di redistribuzione del valore si stava diffondendo anche nel resto del mondo con trend di crescita dei riacquisti di azioni proprie in Giappone, Francia e Germania.

Buyback, sempre di più anche in Italia, non solo Unicredit, ma anche Intesa ed Enel

Inevitabile citare il caso di Unicredit, che sotto la guida di Andrea Orcel, ha fatto del buyback uno dei maggiori strumenti di restituzione di valore ai soci, non senza resistenze. Miliardi di euro sono finiti in titoli della banca di Piazza Gae Aulenti negli ultimi mesi. Lo scorso 7 marzo l’istituto ha completato la prima tranche del piano da 2,5 miliardi di euro. Per le banche è un po’ più complicato, perché devono chiedere l’autorizzazione alle autorità di riferimento sui loro piani di distribuzione degli utili, ma lo scorso 11 aprile c’è stato il via libera Bce e il giorno dopo quello degli azionisti per cui potrà completare il buyback da oltre 3,08 miliardi a valere sui risultati del 2023. Si aggiunge ai 3,014 miliardi destinati a dividendi. Sul futuro si vedrà dopo i risultati del primo trimestre.\

Un po’ prima, lo scorso 11 marzo, Intesa ha ricevuto dalla Bce l’autorizzazione al buyback da 1,7 miliardi di euro da avviare dal prossimo giugno con l’obiettivo di annullare le azioni acquistate (e sostenere i titoli in una fase di verosimile avvio della normalizzazione dei tassi).

Oggi fa bene la cronaca finanziaria a evidenziare che per la prossima assemblea del 10 maggio 2024 è stato chiesto ai soci di Enel di approvare un buyback fino a 2 miliardi di euro (o 500 milioni di azioni), pari a circa il 4,92% del capitale della società. E’ distribuzione di valore anche questo e se – come verosimile – verrà a approvato, il nuovo buyback sarà decisamente – come visto – in buona compagnia.

Buyback, i pericoli

Generalmente lodati dagli azionisti, dagli investitori e dai manager pagati in stock option i buyback molto diffusi da anni nel mondo anglosassone hanno comunque ricevuto diverse critiche nel tempo. Agli appassionati della materia - di stringente attualità come visto - suggeriamo un report del 2020 della Harvard Law School of corporate governance che valuta vantaggi e pericoli della manovra e un più recente contributo apparso sul Morning Star.

In entrambi i casi si mette in guardia dal rischio che i soldi messi sui titoli sottraggano risorse per gli investimenti e incoraggino le imprese a sedersi sugli allori di un rapporto felice con i soci (grazie ai rialzi dei titoli con la cassa dell'azienda). La stasi dello sviluppo sicuramente non sembra il caso delle big del tech di oggi a Wall Street. Di certo anche queste redistribuzioni di valore andranno valutate con attenzione.