Dazi, verso l'accordo tra Stati Uniti e Cina, ecco cosa c'è dentro
pubblicato:Durante la maratona asiatica dell'Amministrazione Trump si consolida una 'piattaforma forte' che Donald Trump e Xi Jinping dovranno trasformare in accordo giovedì prossimo. Dal fentanyl alle terre rare, da TikTok a Taiwan cosa aspettarsi e perché anche l'impatto dello shutdown ha un peso sull'intesa

Segnali positivi in Asia su un possibile accordo tra Stati Uniti e Repubblica Popolare cinese sui dazi.
Il ministro dell’economia Usa, il Segretario al Tesoro Scott Bessent a Kuala Lumpur ha affermato: “Penso che abbiamo una piattaforma di grande successo per il negoziato tra i leader di giovedì”.
Il riferimento di Bessent è al previsto incontro di Donald Trump e Xi Jinping previsto in Corea del Sud proprio il prossimo 30 ottobre.
Anche il viceministro al commercio cinese Li Chenggang ha affermato che “le due parti hanno raggiunto un consenso preliminare”.
In gioco i rapporti commerciali tra le due superpotenze su scala globale e probabilmente anche le possibili pressioni cinesi sulla Russia affinché si sieda a un tavolo di negoziato con l’Ucraina.
Lo stesso Trump ha detto di recente: “Mi piacerebbe che la Cina ci aiutasse con la Russia” nel contesto delle trattative con Mosca, quando aveva imposto sanzioni contro Rosneft e Lukoil e alzato i dazi sui prodotti indiani al 50% per via degli acquisti condotti da Nuova Dheli di petrolio greggio russo.
Non erano stati alzati invece i dazi sulle merci cinesi e i previsti meeting economici nell’area chiave asiatica si prestavano alle rifiniture dei negoziati tra Washington e Beijing.
La settimana di oggi si apre quindi sotto buoni auspici sul fronte dei conflitti commerciali e anche sull’India starebbe proseguendo delle trattative che potrebbero portare gli States a ridurre i dazi al 15 o al 16% secondo il quotidiano economico locale Mint.
Dazi, ricchi accordi Usa già stretti in Malesia e Cambogia
Nel Sudest asiatico infatti gli Stati Uniti hanno stretto un accordo commerciale con la Malesia basato su dazi Usa al 19% e importazioni di beni Usa nel Paese, Kuala Lumpur si è anche impegnata a rimuovere barriere non tariffarie su diversi beni agricoli Usa e a comprare 30 aerei statunitensi con un’opzione di acquisto su altri 30 oltre a 3,4 miliardi di gas liquefatto l’anno, semiconduttori e componenti aerospaziali per 150 miliardi, carbone e telecomunicazioni per 204 milioni di dollari.
Un accordo commerciale è stato stretto da Trump anche con il Regno della Cambogia. Prevede dazi Usa invariati al 19% insieme all’impegno della nazione asiatica a rimuovere diverse barriere non doganali dannose per l’import di prodotti statunitensi. Previste in questo caso anche nuove forniture di Boeing americani alla Cambogia.
Dazi Usa, l'impatto dello shutdown favorisce un accordo a 360 gradi con la Cina
Ma naturalmente gli occhi di tutti sono puntati sulla Cina, anche perché in Medioriente la tregua si logora ogni giorno un po' di più e in Ucraina sembra tutto fermo alla guerra. Trump necessita non poco di successi politici per scongiurare anche i malumori economici collegati allo shutdown che - calcolava un ufficiale dell’Agenzia del Tesoro USA meno di due settimane fa - potrebbe costare 15 miliardi di dollari alla settimana e quindi all'ingresso nella quarta settimana di paralisi della macchina pubblica Usa peserebbe oggi già oltre 45 miliardi di dollari di impatto sull’economia a stelle e strisce.
Naturalmente la maratona asiatica dell’Amministrazione Trump è servita a consolidare la piattaforma negoziale che giovedì – sembra chiaramente questo l’intento – dovrebbe materializzarsi nella sigla di un accordo ampio e articolato tra Washington e Beijing.
Dazi Usa, persino gli attriti con il Canada potrebbero favorire l'intesa con la Cina
L’intesa dovrebbe coinvolgere anche il traffico illecito di fentanyl, un’istanza molto citata da Trump anche nei rapporti con i vicini Messico e Canada.
Come noto negli ultimi giorni le relazioni col Canada di Trump sono precipitate dopo che a Ottawa è girato uno spot finanziato dal governo dell’Ontario che conteneva il pezzo di un discorso di Ronald Reagan del 1987 in cui questo mostro sacro dei conservatori Usa affermava che nel lungo periodo dazi e barriere commerciali danneggerebbero l’economia e il lavoro negli Stati Uniti.
Una stilettata che ha inviperito l’inquilino della Casa Bianca: “tutti i negoziati commerciali con il Canada sono da considerarsi conclusi”.
Come sempre una strenua difesa della libertà di espressione insomma (per giunta in uno stato straniero), che però potrebbe tradursi in nuovi alleati per la Repubblica Popolare cinese secondo alcuni osservatori.
Dazi Usa, dall'accordo con la Cina passano anche il negoziato in Ucraina e TikTok
L’allontanamento degli alleati Usa rischia di avvantaggiare la Cina e anche per questo l’ondata di strette di mano e accordi commerciali Usa viene letta come l’esito prudente di negoziati che si vogliono tesi, ma non spezzati.
Per questo la decisione delle maggiori corporation a controllo pubblico cinese di sospendere gli acquisti via mare di petrolio russo giovedì scorso è stata significativa, perché Beijing non ha mai condannato in questi anni Mosca per la guerra in Ucraina e perché di fatto questo inseriva i trattati di pace in quell’area nel tavolo negoziale più ampio tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese.
Tra i temi c’è anche TikTok, che lo stesso Bessent ha inserito tra gli argomenti caldi, discussi e concordati. La maggioranza del socialnetwork dovrebbe passare a un pool di investitori statunitensi tra i quali l’amica Oracle. Il 25 settembre scorso infatti la Casa Bianca aveva pubblicato i dettagli del progetto che prevede che ByteDance, la holding ‘cinese’ del social network mantenesse meno del 20% della società, che Oracle agisse da garante della sicurezza di TikTok con un monitoraggio indipendente e che l’algoritmo, il codice e la moderazione dei contenuti venissero scissi e posti in una nuova joint venture che avrebbe garantito la licenza alla stessa TikTok tenuta in piedi per i suoi 170 milioni di utenti americani.
Dazi Usa, per l'accordo cinese fondamentale l'intesa sulle terre rare
Ma i negoziati Usa riguardano anche altri temi, dai prodotti agricoli alle terre rare, dalle auto ai caccia aerei.
La questione scottante delle terre rare sembrerebbe comunque avviata a composizione: lo stesso Bessent ha dichiarato a “The Week” della ABC di ritenere che gli Stati Uniti potranno evitare di imporre dazi al 100% come ritorsione contro le restrizioni cinesi sull’export di terre rare.
La Repubblica Popolare ne controlla il 70% dell’estrazione e il 90% della lavorazione e Washington ha bisogno di tempo per costruire le proprie filiere cui pure lavora alacremente.
Naturalmente i condizionali sono d’obbligo perché l’accordo dovrà essere firmato dai due leader, da Trump e Xi, ma sembra che la piattaforma concordata sia solida.
Serve che sia solida, mentre i media denunciano che ormai ci sono dipendenti federali e persino membri delle forze armate che vanno ai banchi alimentari locali, una sorta di Caritas che fornisce sostegno alimentare ai bisognosi.
Immagini che confliggono con l’Età dell’oro promessa da Trump e che l’Amministrazione vuole almeno accantonare con dei successi sul piano della politica estera, secondo un vecchio copione di Washington.
Dazi Usa, anche le auto e Taiwan nel pacchetto degli accordi
Ma l’accordo USA-Cina dovrà andare oltre, per esempio alle auto: non solo perché le terre rare cinesi finiscono pure lì, ma perché gli Stati Uniti devono scongiurare una guerra sui veicoli con la Cina su scala globale – in Europa è già cominciata e i produttori cinesi che già hanno comprato la Volvo stanno facendo offerte per gli impianti in dismissione delle case storiche del Vecchio Continente.
Una guerra che oltretutto gli States potrebbero perdere proprio sulla frontiera dei veicoli elettrici per i quali la Repubblica Popolare ha già sviluppato una eccellenza globale e sui quali gli States con Trump hanno drammaticamente tagliato investimenti e incentivi, come sottolineava ieri il Financial Times.
Poi ci sarebbero i jet e la questione calda di Taiwan, anche se il recente cambiamento di un gran numero di generali cinesi sembra allontanare i pericoli di un intervento di Beijing immediato nell’area. Sull’andamento dell’economia statunitense cala ancora la nebbia della mancanza di dati macroeconomici, un effetto secondario dello shutdown, ma la Cina intanto a settembre ha accresciuto le esportazioni dell’8,3% battendo le attese degli analisti.
La sua sovraccapacità produttiva ha insomma bypassato il -27% dell’export verso gli Stati Uniti nel mese ed è riuscita a crescere a doppia cifra in Europa (14,2%), in Asia (ASEAN, 15,6%), in Africa (56,6%) e in America Latina (15,2%).
Una flessibilità inattesa dal Gigante cinese ancora una volta ben tutt'altro che una tigre di carta, anche se il crollo del mercato immobiliare ha fiaccato la domanda interna che resta il vero obiettivo strategico di Xi Jinping nel medio termine.
Alla fine questo accordo di giovedì prossimo sembra maledettamente importante e per stringerlo anche Trump dovrà dimostrare una virtù essenziale per ogni negoziatore, ma per lui difficile: l’elasticità.
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