2026: cosa aspettarsi dai mercati a partire dagli Stati Uniti
pubblicato:Quanto vale l'intelligenza artificiale? Il 2025 non ha saputo rispondere... Sono sopravvalutati i mercati? L'anno prossimo Washington dovrà rifinanziare un terzo del debito e scegliere il nuovo presidente della Fed (due Kevin in gara). Spunti di riflessione pe l'anno nuovo

Decifrare il futuro è roba da profeti e imbroglioni, ma in campo finanziario è anche una necessità perché qualunque posizionamento sul mercato presuppone una prospettiva temporale. Compro un’azione? E’ perché penso che i suoi prezzi saliranno o che, in futuro, pagherà buoni dividendi. Prendo un bond? Investo nel tempo che servirà alla società (o allo stato) a produrre le risorse necessarie a pagare le cedole. Il tempo insomma è un ingrediente fondamentale dei mercati finanziari per questo fioriscono a ogni fine d’anno gli outlook, le previsioni per l’anno successivo. Proviamo a trarne qualche impressione, con un chiaro orientamento al mercato e all’economia.
Gli Stati Uniti, ancora lì il centro della finanza globale
Il riferimento più grande mercato del mondo: gli Stati Uniti contano una capitalizzazione di mercato (fra le varie borse) di oltre 62 trilioni di dollari, ben più del loro Pil che dovrebbe raggiungere i 30,5-30,6 trilioni (ossia 30.500-30.600 miliardi di dollari). Una posizione invidiabile ma rischiosa: la Cina che è il secondo mercato finanziario del mondo con 11,8 trilioni di asset copre appena il 62% del proprio Pil mentre il Giappone al 156% con 6,3 trilioni e l’Italia è appena al 43% con circa 947 miliardi di euro di capitalizzazione al 30 giugno 2025 su un Pil 2024 che era di 2,19 trilioni.
Stati Uniti, AI in bolla?
Dunque gli Stati Uniti. La prima domanda sarebbe ovviamente “scoppierà la bolla dell’AI?”.
Difficile a dirsi, sicuramente il balzo a 139 punti dei Credit Default Swap di Oracle, ossia di quelle assicurazioni contro i fallimenti contrattate nel poco trasparente mondo dei CDS, non depone bene. Del recente bilancio che ha del gruppo di Larry Ellison che registrato una forte erosione di cassa per gli investimenti effettuati (e ne prevede molti di più) abbiamo scritto.
Ma i CDS di big tecnologici come Meta o Nvidia sono assai meno allarmanti e anche gruppi come Microsoft, Amazon o Alphabet mostrano multipli e risultati decisamente in crescita.
Magari ci saranno delle prese di beneficio e delle rotazioni di portafoglio che sarebbero molto salutare vista la concentrazione mai vista a Wall Street su pochi big, ma i numeri dell’economia e i risultati aziendali non sembrano suggerire possibilità di crollo (certo se si prende Palantir che quota a 432 volte gli utili è un altro discorso…). Certo con un P/E dell'S&P 500 a 30,75 e uno del Nasdaq a 28,33x c'è da fare attenzione.
Stati Uniti, le previsioni e le sfide per l'economia
L’economia generale USA, che poi date le tensioni sul bilancio pubblico di Washington e il deprezzamento del dollaro del 15% sull’euro mischiato alla guerra dei dazi pesano ancora di più sui grandi gruppi industriali europei e italiani che, lo ricordiamo, fatturano ancora per il 58% fuori dall’Europa e per il 24% in Nord America.
Lo staff della Federal Reserve degli Stati Uniti si aspetta quest’anno un calo della crescita del Pil all’1,7% e un recupero al 2,3% l’anno prossimo seguito da un 2,0% nel 2027 e da un 1,9% nel 2028.
Anche le previsioni sul tasso di disoccupazione al 4,5%, 4,4%, 4,2% e 4,2% sono nel segno della stabilizzazione, così come l’inflazione PCE stimata in graduale contrazione dal 2,9% di questo 2025 al 2% nel 2028, con una core in flessione dal 3,0% al 2% nello stesso arco di tempo.
I dot plot all’ultima riunione della Fed si sono un po’ dispersi, ma la vera incognita resta il nome del prossimo presidente che prenderà il posto di Powell: ieri le quotazioni di Kevin Warsh hanno sperato quelle di Kevin Hassett, ma sembra chiaro che la Casa Bianca vorrà imprimere un forte impulso espansivo alla politica monetaria e questo potrebbe non essere coerente con il quadro macroeconomico e potrebbe far salire di nuovo l’inflazione con effetti negativi anche su Wall Street in caso di nuovi necessari incrementi dei tassi… Scenari incerti insomma, che il doppio mandato della Fed non semplifica: la debolezza del mondo del lavoro (più una minor forza in realtà) è stata la maggiore giustificazione ai recenti tagli, ma ieri quei 64 mila nuovi posti registrati dal Bureau of Labor Statistics, con un tasso di disoccupazione al 4,6%, hanno messo in forse in dubbio anche l’indebolimento del mercato del lavoro.
Usa, la sfida del debito
Di certo le difficoltà non mancheranno. Secondo un report di Ria SimpleVisor nel 2026 andrà in scadenza circa un terzo del debito pubblico statunitense.
Ammonta a circa 38,49 trilioni di dollari in totale a fronte di un Pil pari a circa 31 trilioni. Rifinanziare così tanta carta, una montagna che quest’anno dovrebbe superare il trilione di dollari in interessi e forse si ridurrà l’anno prossimo con ulteriori tagli (necessari?) dei tassi, non sarà semplice.
Alla fine la maggior parte degli osservatori si sofferma su un’incertezza maggiore che è una novità rispetto ad altri anni del recente passato.
Non soltanto per le imponderabili evoluzioni geopolitiche e tariffarie che Trump o Putin o Xi imporranno al globo l’anno prossimo, quanto per la reale fatica che gli analisti fanno a calcolare il reale valore di attività e investimenti.
Si ritorna all’AI e alla maxi spesa in server – JP Morgan immagina investimenti 2026 da oltre 600 miliardi di dollari da parte degli hyperscaler, ossia di quei colossi dell’intelligenza artificiale come le Magnificent 7 e non solo.
Se il giro d’affari o anche soltanto la redditività delle imprese riuscirà a coprire questi capex (al costo di licenziamenti e perdita di consumi?) è probabilmente la domanda d’oro da traghettare nel 2026, allargandola anche ai settori dell’energia e della difesa, che per motivi diversi si connetteranno all’hype dell’AI.
Quanto vale l’intelligenza artificiale? Il 2025 non ha ancora saputo rispondere, nel 2026 si vedrà.
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