Dazi USA, i mercati europei provano una reazione
pubblicato:Dopo i cali di ieri i listini continentali recuperano, anche con l'aiuto di trimestrali forti come quelle di EssilorLuxottica e Philips

Nel secondo giorno dopo l’accordo scozzese tra Washington ed Bruxelles sui dazi i mercati europei tentano una reazione all’accoglienza fredda di ieri e alle prime valutazioni sull’impatto che il nuovo scenario – è indubbio – avrà sull’economia del Vecchio Continente e sulle sue imprese.
In queste ore l’Euro Stoxx 50, l’indice delle prime 50 imprese quotate d’Europa torna a 5.400 punti circa (+1,14%) \e supera l'apertura di ieri. L’euro mostra ancora una leggera flessione sul dollaro (EUR/USD a 1,1575, -0,08%) e recupera sulla sterlina (+0,11%).
Sono praticamente immobili i titoli di Stato del Vecchio Continente e lo spread del BTP/Bund resta su livelli bassissimi, appena 84 punti base, con il rendimento del BTP decennale al 3,54 per cento.
Dazi Usa, continua l'elaborazione dei dati tra mille incertezze
La cronaca e le analisi finanziarie continuano ad analizzare i possibili impatti dei nuovi dazi al 15% sul 70% delle merci europee.
Malumori nelle cancellerie europee, sotto il fuoco di fila delle opposizioni, si moltiplicano.
Un comunicato della casa Bianca fa il punto – secondo Washington – sull’accordo raggiunto.
“L’accordo rafforza l’economia e la capacità manifatturiera degli Stati Uniti – riporta in un passaggio – l’Europa acquisterà 750 miliardi di dollari di energia dagli Stati Uniti e farà nuovi investimenti nel Paese per 600 miliardi di dollari, tutto entro il 2028”.
Ma molti commentatori fanno notare che alcune pretese sono letteralmente impossibili: secondo i patti, l’Europa dovrebbe comprare energia dagli Stati Uniti per 250 miliardi di dollari l’anno, ma l’anno scorso l’UE ha importato a livello mondiale appena 76 miliardi di dollari tra petrolio, gas e carbone e gli stessi Stati Uniti non hanno raggiunto i 150 miliardi di dollari di export di petrolio e gas. Sono numeri di domanda e offerta che la politica non può costringere.
Il Financial Times non a caso descrive l’accordo su petrolio e gas “pie in the sky”, espressione anglosassone per descrivere una cosa che potrebbe piacere, ma è impossibile, una pia illusione insomma.
I mercati e gli analisti d’altronde sottolineano che non c’è ancora un testo scritto comune, condiviso e firmato e che, data l’indole di Trump sono tutti un po’ sul chi vive per nuovi possibili colpi di scena.
Intanto i mercati provano a fare delle stime, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha affermato che le imprese italiane potrebbero perdere 22,6 miliardi di vendite negli Stati Uniti.
Si preoccupano giustamente un po’ tutti, ma senza dettagli fondamentali su settori, merci e dazi definitivi si gira un po’ a vuoto.
Dazi Usa, l'Europa si consola con alcune buone trimestrali
Il mercato si consola quando può con le trimestrali delle grandi imprese che intanto mostrano numeri veri e incoraggiano in qualche caso i listini.
E’ il caso di EssilorLuxottica che innesca un bel rally del 6,5% a 262,2 euro dopo aver comunicato al mercato una crescita nella prima metà dell’anno di tutte i maggiori indicatori di bilancio: a cambi correnti, quindi con l’euro in forte rialzo, i ricavi sono cresciuti del 5,5% a oltre 14, miliardi di euro (+7,3% a cambi costanti); l’utile operativo è aumentato del 4,1% a 2,53 miliardi, l’utile netto a 1,799 miliardi di euro (+3,1% a cambi correnti e +6,1% a cambi costanti). Nei sei mesi la casa degli occhiali sempre più votata alla tecnologia ha registrato un free cash flow consolidato di 951 milioni di euro e a fine periodo aveva cassa per 2,79 miliardi di euro e debito per 11,26 miliardi. Sono conti che – come detto – stanno piacendo molto al mercato.
Un rally ancora più brillante è quello di Philips. Il colosso olandese delle tecnologie per il settore sanitario nel secondo trimestre ha portato da 4,34 e oltre 4,46 miliardi di euro i ricavi netti, a fronte di un consensus raccolto da S&P Global a 4,34 miliardi di euro.
La società di Amsterdam ha più che raddoppiato l’utile operativo da 400 a 816 milioni di euro, con il risultato che l’utile netto è balzato da 240 a 452 milioni di euro, ma soprattutto il gruppo ha sforbiciato le stime sull’impatto dei dazi USA: dai 250-300 milioni di euro previsti in precedenza, con la nuova intesa si aspetta un costo delle nuove tariffe tra 150 e 200 milioni, significativamente di meno, e il titolo festeggia con un +10,13% a 24,25 euro.
Ci sono però anche altre reazioni che riflettono riposizionamenti dopo la seduta di ieri. Per esempio, uno degli effetti della nuova intesa USA-UE sui dazi, e dei previsti corposi acquisti di armi statunitensi da parte dell’Europa, è stato quello di portare consistenti vendite sulle maggiori società europee della difesa e incoraggiare invece gli acquisti sulle case Usa del comparto.
Il calcolo è che gli investimenti UE in difesa rischiano di andare troppo negli Stati Uniti e troppo poco in Europa, minacciando anche, per esempio, una parte del rilancio economico tedesco.
Stamane i titoli del settore in parte reagiscono: la francese Safran, per esempio, balza del 3,19% a 284,6 euro e cancella le perdite di almeno cinque sedute, avvantaggiandosi anche della decisione di RBC di alzare il prezzo obiettivo da 285 a 320 euro.
In recupero, quasi sui livelli di ieri, anche Airbus (+2,53%), il colosso franco-tedesco degli aeroplani che nel suo pluridecennale confronto con la Boeing americana, che da tempo naviga in acque molto difficili, era uno di quei dossier fondamentali nell’intesa USA-UE: la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha dichiarato che aeroplani e componenti dei velivoli, alcuni prodotti chimici e alcuni farmaci generici, le attrezzature per i semiconduttori e altre materie prime dovrebbero avere dazi pari a zero.
Qualcun altro rimane indietro, come Stellantis, che ha confermato la brutta semestrale annunciata una settimana fa con una perdita netta da 2,3 miliardi di euro e stima ora un impatto dei dazi da circa 1,5 miliardi di euro nel 2025 (300 milioni quelli già registrati nella prima metà dell’anno).
Arretra anche il colosso francese del lusso LVMH (-1,19%): le notizie per il lusso non sono troppo positive, Berenberg ha sottolineato l’impatto dell’euro forte sulla spesa dei turisti e UBS afferma che al luxury europeo potrebbe bastare un incremento del 2% dei prezzi nel mercato americano per contrastare i dazi. La banca svizzera però afferma anche che i veri interrogativi sono sulla tenuta della domanda USA nei prossimi mesi. Una domanda che sicuramente si fanno in molti.