Energia, nel 2025 addio al PUN, ma la bolletta resta troppo cara

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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La sfida strategica sulle rinnovabili dovrà diventare anche sfida sui prezzi se l’industria europea e italiana vogliono sopravvivere

Energia, nel 2025 addio al PUN, ma la bolletta resta troppo cara

Stamane sono usciti i dati di Terna sui consumi di elettricità a novembre in Italia: stabili a 25,1 miliardi di Kwh (+0,2%), ma in piena fase di elettrificazione questo conferma già la crisi.

Energia, calano i consumi degli energivori

L’indice dei consumi elettrici industriali IMCEI è infatti diminuito del 5,8% sul novembre 2023. Pesano alcuni fattori stagionali (ma comunque senza siamo a un -5,1%) e si vedono differenze tra i vari settori con cali per chimica, metalli non ferrosi, cartaria, siderurgia e mezzi da trasporto da un lato e aumento della domanda di elettricità invece per cemento, calce e gesso, ceramiche e vetrarie, alimentari e meccanica.

Le energivore insomma non sono tutte le stesse, ma le contraddizioni di questa fase difficile si vedono a più livelli.

Se si prende infatti l’indagine mensile di novembre di Confindustria, i costi di produzione segnano un -3,4% nel mese (dal -1,5% di ottobre), ma domanda e ordini segnano un’inversione di tendenza con un +7,8% dopo un calo costante a fasi alterne almeno dallo scorso aprile.

Energia, si passa al PUN zonale, ma il prezzo del gas rimane una variabile esogena

Ma i costi energetici rimangono comunque troppo elevati nell’Eurozona e in Italia dallo scoppio del Covid in poi. Il consumo di energia delle industrie energivore italiane infatti è un proxy della produzione industriale e il fatto che cali è un brutto segnale da non sottovalutare, anche se cresce l’apporto delle rinnovabili all’economia.

Il PUN, il prezzo unico nazionale destinato ad andare in pensione con il nuovo anno 2025 in favore di un prezzo zonale, ha visto il costo dell’energia elettrica italiana passare dai 67 €/MWh del gennaio 2019, agli oltre 540 della massima crisi nel 2022, fino ai 142 €/MWh di questo dicembre. Siamo ben oltre il doppio del pre-Covid e ne soffrono consumi e imprese.

Energia, nel 2025 addio al PUN, ma la bolletta resta troppo cara

Purtroppo negli ultimi mesi il quadro è peggiorato. C’è stato un aumento considerevole del costo dell’energia che fino alla scorsa primavera si era “stabilizzato” gli 80 e i 100 €/MWh ed è poi gradualmente cresciuto fino agli oltre 182 euro di pochi giorni fa, salvo ripiegare rapidamente verso i 114 euro di oggi.

Sbalzi da capogiro in un mercato libero e instabile. Se ne sono accorti utenti e industrie in bolletta e la frammentazione delle aree di prezzo con il passaggio al Prezzo Zonale del prossimo anno rischia di complicare in quadro in cui il meccanismo di formazione del prezzo diventa ancora meno trasparente.  

La speranza è che con la diffusione delle rinnovabili e la capacità di generazione diffusa i prezzi scendano, ma per ora il film visto è stato un altro.

Energia, legame con troppo forte con il prezzo del gas

Un forte legame con i prezzi del gas che copre “quel che manca” e decide il prezzo finale, peccato che il gas naturale, il riferimento è il TTF olandese, valesse meno di 30 euro per MWh a febbraio e sia ora sopra i 43 € con punte recenti sopra i 48 addirittura. Peccato che prima del Covid e della guerra in Ucraina costasse sui 21 euro.

Certo vale per l’Europa, a partire dalla Germania, ma è un mal comune che non dà gaudio, un problema strutturale sul quale non sembra abbastanza attenta la politica nazionale ed europea. La soluzione sono senz’altro le rinnovabili, ma solo se riescono a fare prezzo, perché a oggi è vero che le rinnovabili in pratica producono energia a un costo molto minore del termico e del gas, ma è anche vero che poi in bolletta ci vanno ai prezzi del gas e questo non può continuare.

Forse come suggerisce qualcuno serve ancora più capacità di storage, di conservazione dell’energia per translare i costi minori dell’energia green sui prezzi complessivi, ma di certo bisogna fare qualcosa.

Energia, incentivi per le imprese sulle rinnovabili

Una bella iniziativa sicuramente è il pacchetto Energy Release 2.0 per favorire l’installazione di nuova capacità di generazione da parte delle industrie energivore. Nuovi impianti da 200 kW minimo, forse 20 TWh/anno e un prezzo calmierato di cessione alle imprese che il GSE indicava “verso la parte bassa della forchetta 65-75 €/MWh”. Un provvedimento da abbinare alle misure per le PMI per circa 320 milioni per incentivare l’autoproduzione anche delle piccole del SUD. ma servirà di più da parte di tutti. Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’Energia, denunciava già a settembre: “Oggi si sta verificando un preoccupante trend, secondo il quale i differenziali fra l’Italia e le altre borse elettriche europee si stanno allargando: lo scorso mese il prezzo elettrico italiano è stato pari a 128,44 €/MWh, 57% in più della Germania, 41% in più della Spagna e 135% in più della Francia”. Come si fa a competere così?

L’energia dell’Italia e novembre e in vista dell’anno prossimo

Nuove azioni serviranno l’anno prossimo, ma i dati di Terna su novembre forniscono come sempre spunti di analisi del quadro generale.

Da gennaio a novembre l’Italia ha registrato una produzione di energia elettrica in crescita del 2,5% a 241 tWh circa (Terawattora, ossia miliardi di kWh, la misura del consumo delle famiglie). E’ calata del 7,8% a 131 tWh la termica. Mentre nello stesso periodo è cresciuto del 18,6% il fotovoltaico a 34,4 tWh.  Altro balzo rinnovabile è stato quello dell’idroelettrico 49,89 Terawattora con un bel 36,4% che ne conferma il ruolo di seconda dotazione energetica dell’Italia dopo la termica e prima del fotovoltaico.

Negli 11 mesi è invece andata male al vento con un calo del 7,2% dell’apporto alla generazione domestica a 19,43 tWh.

E’ balzata del 52,7% l’esportazione di 4,45 tWh ma è aumentata anche la più consistente importazione di 51 tWh, appena inferiore fotovoltaico ed eolico italiano messi insieme e superiore anche all'idroelettrico per noi fondamentale.

Se si allineano i mix come Terna a novembre il 51% dell’energia italiana viene da fonti non rinnovabili, il 33,9% da rinnovabili, il rimanente 15,1% dal saldo estero (che come visto è quasi tutto importazione).

Energia, il nuovo fotovoltaico, l'eolico che soffre e la capacità di accumulo ancora troppo bassa

I saldi sono però positivi per l’aumento della capacità di fotovoltaico ed eolico. L’Italia ha aumentato la capacità fotovoltaica di 6,585 tWh da gennaio a novembre compensando il calo di 1,19 tWh dovuto alla producibilità legata all’irraggiamento.
Un bilanciamento che invece non si è acuto con l’eolico che ha visto un saldo negativo tra aumento della potenza installata (+940 GWh) e calo maggiore della producibilità (-2.444 GWh e anche novembre è stato meno ventoso, per fotovoltaico ed eolico la produzione può calare con la producibilità dovuta a minore irraggiamento per il solare e minore ventosità per l’eolico).

In chiave strategica va letto anche l’aumento degli accumuli, in potenza nominale cresciuti di 1,88 GW (meno del +1,9 GW degli stessi 11 mesi del 2023). Complessivamente siamo a 5,173 GWh di accumuli in esercizio in termini di capacità utilizzabile massima, un +42,7% che in wattora significa 1.549 MWh, ma che è ancora troppo poco comunque. Sono 720 mila i sistemi di accumulo in esercizio, il 46% di taglia tra 6kW e 20 kW, perché influiscano sui prezzi serviranno tutte altre cifre.

Cifre da mettere con le altre tra gli obiettivi del prossimo e dei prossimi anni, con la consapevolezza che la sfida europea sul costo dell’energia è anche una lotta per la sopravvivenza dell’industria che potrà ottenere dai dazi soltanto un po’ di tregua, non certo un salvagente dalla concorrenza globale.

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