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La Fed resterà aggressiva sui tassi

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
4 min

Il dato sull’inflazione Usa di luglio è stato buono ma la Fed se ne guarda bene dal festeggiare, e continua a fare la voce grossa. I rendimenti dei bond sono però in ritirata, buona notizia per le azioni?

La Fed resterà aggressiva sui tassi

Il dato sull’inflazione Usa di luglio è stato buono ma la Fed se ne guarda bene dal festeggiare, e continua a fare la voce grossa. I rendimenti dei bond sono però in ritirata, buona notizia per le azioni?

L’inflazione Usa rallenta

Il dato sull'inflazione Usa uscito ieri è stato una gradita sorpresa per i mercato. Il tasso d'inflazione ha registrato a luglio negli USA un rallentamento all'8,5% annuo dal 9,1% di giugno, contro l'8,7% del consensus.

L'inflazione core, al netto di energia e alimentare, quella maggiormente seguita dalla Federal Reserve, è cresciuta del 5,9%, in linea con il dato di giugno ma inferiore al +6,1% del consensus. Su base sequenziale l'indice dei prezzi core è cresciuto dello 0,3% contro lo 0,7% di giugno.

I mercati possono iniziare adesso a scommettere su un rialzo dei tassi più contenuto da parte della Fed di quello preventivato in precedenza, ma non è detto che la banca centrale di accontenti.

Per la riunione di settembre diventa ora possibile, ma non certo sicuro, un rialzo limitato al +0,5% mentre settimana scorsa, dopo l'uscita dei dati sul mercato del lavoro, molto buoni, le attese erano salite ad un +0,75%.

La Fed resta cane da guardia

Gli esponenti della Fed, probabilmente anche per non rovinare il lavoro fatto fino ad ora, continuano a dimostrarsi intransigenti. La banca centrale sa molto bene che assecondare certe aspettative, o meglio speranze, dei mercati, sarebbe un po' come dare il "liberi tutti", con il rischio di fare tornare a correre l'economia e quindi anche l'inflazione.

Meglio rimanere duri, almeno a parole, permettendo così all'economia di scalare ancora una o due marce e all'inflazione di convergere su valori più accettabili degli attuali.

Charles Evans, il presidente della Fed di Chicago, ha dichiarato che "i dati rappresentano la prima lettura "positiva" sull'andamento dei prezzi al consumo da quando la banca centrale ha dato il via al proprio ciclo restrittivo", ma "l'inflazione è ancora alta in modo inaccettabile e la Fed avrà ancora bisogno di alzare i tassi portandoli probabilmente a 3,25%-3,5% quest'anno e a 3,75%-4% entro la fine del prossimo anno".

Attualmente i tassi di interesse USA sono al 2,25%-2,50%, quindi secondo Evans potrebbe bastare un rialzo di altri 100 punti base per il 2022, dei quali magari 50 a settembre. Evans ha anche lanciato una caramella ai mercati dicendo che ""se le cose miglioreranno più rapidamente, non si potrà aumentare i tassi così tanto".

Non si discosta da questa visione Neel Kashkari, il presidente della Fed di Minneapolis, secondo il quale il tasso di interesse dovrebbe salire al 3,9% entro la fine di quest'anno e al 4,4% entro la fine del prossimo.

Mary Daly, della Fed di San Francisco, non esclude invece un rialzo di 75 punti base a settembre "L'inflazione resta troppo alta e non vicino al nostro obiettivo di stabilità dei prezzi".

Scendono i rendimenti sui bond

La frenata dell'inflazione Usa, risultata migliore delle attese, ha innescato una diminuzione del rendimento dei Bond, in particolare per quelli a più breve scadenza come i 2 anni. Il biennale è sceso infatti al 3,17% di rendimento ((2,76% quello del 10 anni).

Proprio lo studio del grafico dei rendimenti del bond a 2 anni può fornire degli spunti interessanti per cercare di anticipare le mosse dell'azionario: se i rendimenti continueranno a ridimensionarsi si creeranno le condizioni per una fase "risk on", favorevole alle azioni, in caso contrario, con i rendimenti nuovamente in crescita, sarà opportuno rimanere molto prudenti e selettivi in borsa.

Supporto al 2,85% per il 2 anni

Il grafico del rendimento mostra una fase laterale intrapresa dal massimo del 14 giugno al 3,456%. Da allora il grafico ha oscillato tra il 2,73% e il 3,46%. Venerdì è stato toccato un massimo al 3,33%, pericolocamente vicino a quello di giugno, che però per adesso ha tenuto.

Sarebbe il superamento del 3,46% a fare suonare un campanello d'allarme, in quel caso diverrebbe infatti probabile un rialzo verso il 3,85/90%, un movimento che come spiegato sarebbe con buona probabilità contemporaneo ad una discesa dei listini azionari.

Sotto area 2,85% rimarrebbe solo il supporto del 2,73% a separare il grafico da una discesa verso area 2,35%.

Con buona probabilità ad un ridimensionamento del rendimento del 2 anni dovrebbe corrispondere un rialzo delle azioni.