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Fincantieri in rally solitario in attesa dei dati

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
8 min

Rumors sull'acquisizione di Wass e poi la nuova strategia UE sulla Difesa e intanto l'avvicinarsi di un aumento di capitale per raggranellare risorse da puntare sulla Difesa. In un clima europeo sempre più esplosivo, domani i conti di Fincantieri potrebbero portare novità importanti. Ma il titolo sale già oggi

Fincantieri in rally solitario in attesa dei dati

Rally di Fincantieri a Milano. Il titolo è protagonista di seduta con +7,16% che porta i corsi a 50,9 centesimi e la capitalizzazione oltre gli 807 milioni di euro. Per una società che in Borsa perde da anni, per esempio il 47% tra il giugno del 2021 e il febbraio del 2022, è manna dal cielo.

Intendiamoci, anche con gli allunghi di oggi il titolo vale quanto valeva nell’ottobre del 2015 e i fasti a Piazza Affari del triennio 2017-2019 sono archiviati da tempo, da prima che finisse l’epoca del compianto Giuseppe Bono.

Difesa, per Fincantieri un allungo con qualche spunto

Senza guardare troppo lontano, però, gli spunti di oggi potrebbero essere interessanti perché l’allungo intraday a 51,5 centesimi ha scavalcato i massimi del 22 febbraio (51,1 centesimi) e posto quindi le basi per la realizzazione di un doppio massimo con target in zona 55,2 centesimi, non lontano dalle resistenze statiche di quota 55,8 centesimi. I volumi ci sono, eccome. Sono già passati di mano oltre 17,4 milioni di pezzi contro una media giornaliera dell’ultimo mese di circa 4,54 milioni di azioni.

Ma cosa ha messo il piede sull’acceleratore dei prezzi?

Difesa: per l'Europa la corsa agli armamenti è appena all'inizio

La prima risposta che verrebbe naturale sarebbe Bruxelles.

Ieri la Commissione UE e l’Alto Rappresentante hanno presentato la prima Strategia europea per la difesa con i prevedibili target percentuali e obiettivi militari che profumano tanto di campagna elettorale UE e sono stati anticipati dal discorso della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen alla plenaria Parlamento qualche giorno fa: dobbiamo investire di più in difesa ha dichiarato, l’anno scorso i budget nazionali UE sono cresciuti del 20% su questo capitolo di spesa, ma non è abbastanza.

Abbiamo inviato 6,1 miliardi di euro a supporto dell’Ucraina e presto annunceremo un programma per raddoppiare la produzione europea di munizioni a oltre 2 milioni di proiettili entro la fine del 2025.

L’obiettivo è fare fronte comune e, purtroppo, l’espressione è la più appropriata.

Entro il 2030 l'Europa intende acquistare insieme almeno il 40% delle armi, coprendo a quella data il 30% del mercato europeo della difesa con scambi interni e puntando alla produzione europea che dovrà coprire il 50% delle forniture entro il 2030 e il 60% entro il 2035.

Soldi? Il nuovo programma europeo di difesa, l’EDIP, mette sul piatto 1,5 miliardi di euro del budget Ue per il periodo 2025-2027. Una cifra non proprio gigantesca nel settore, ma senz’altro un segnale importante.

E qui entra in gioco un tema caldo, perché l’Unione Europa come noto non ha ancora deciso di rigirare a Kiev i 300 miliardi sequestrati a Mosca o meglio alla sua banca centrale e a vari oligarchi. Bruxelles teme che varcare quella soglia possa portare grossi guai, anche legali e finanziari, ma l’EDIP potrà anche ottenere ulteriori risorse proprio con i proventi maturati su quegli asset congelati.

Fra i timori nebulosi sul caso, la mancanza di un consenso internazionale sulla legalità della confisca di beni sovrani, quindi il rischio di cause legali dall’esito dubbio. Poi c’è il timore che questa confisca eroda la fiducia nell’affidabilità dell’Eurozona, forse persino scoraggiando in futuro gli investimenti.

Infine sottotraccia si temono ritorsioni russe che potrebbero colpire gli asset europei in quel Paese, ma potrebbero anche estendersi ad altre misure. L’Europa è divisa, c’è chi accelera come la Polonia e gli stati del Nord e chi frena come la Germania e la Francia.

La guerra continua e Kiev ha sempre più bisogno di munizioni e risorse, ma l’incombenza delle elezioni europee non facilita prese di posizione nette. La von der Leyen ha accelerato e chiesto un rapido direzionamento di quei miliardi verso l’Ucraina, in passato si era ipotizzato di impiegarli per la ricostruzione, ora potrebbero servire a salvare il Paese dalla sconfitta bellica.

Ma l’opacità prevale: non è neanche chiaro di quanti miliardi si parli. Sono 300 miliardi di euro di riserve della Banca centrale russa congelati in Europa e in altri Paesi del G7? Sono 191 miliardi di euro di asset sovrani russi immobilizzati dalle sanzioni nei bilanci di Euroclear come dice il Financial Times che riporta anche di 3,25 miliardi di proventi da quelle attività? O sono 206 miliardi di euro di asset russi congelati in Europa, nel contesto di 265 miliardi di euro congelati nell’intero G7 di cui 180 miliardi di euro in Euroclear come riporta un’analisi di Bruegel di dicembre?

Ballano miliardi come scarpe da tiptap e intano la guerra continua, l’America si sfila e si cercano risorse per mantenere le promesse di una nuova difesa europea il cui problema non è soltanto il bilanciamento delle sovranità nazionali, ma anche, e forse in questa fase soprattutto, il costo.

Difesa: l'Italia ancora piena di contraddizioni

Lo sa bene l’Italia che ancora è ben lontana da quel 2% del Pil di spese in difesa che le regole della Nato imporrebbero. Donald Trump in volata per la Casa Bianca ripete ogni giorno che farà di tutto per far pagare ai partner Nato il dovuto e non c’è motivo di dubitarne, anche perché lui con l’industria delle armi ci ha sempre dialogato parecchio e con la Nato ha sempre avuto forti attriti.

Così l’Europa a velocità multiple prova ad attrezzarsi per uno scenario inedito dalla Seconda Guerra mondiale, tra incertezze e controsensi.

Come quello dell’Italia che è uno dei più solidi difensori internazionali della Nato, ma ha in maggioranza e opposizione partiti e posizioni fieramente “laici” sul conflitto Mosca-Kiev se non smaccatamente filo-putiniani.

Come quello dell’Italia che ha un ministro della Difesa vittima di dossieraggio che proviene da una società degli armamenti, la Leonardo, che gli ha pagato 1,8 milioni di euro tra il 2018 e il 2021, e che ora da ministro ovviamente punta a rafforzare gli investimenti nel settore, senonché le risorse sono poche e l’Italia ha speso l’1,38% del Pil 2023 in Difesa (circa 27,74 mld) e prevede in proporzione di spender meno nei prossimi anni: 1,3% del Pil nel 2024 e 1,26% nel 2025 secondo il Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2023-2025.

Sono armi e sicurezza, ma anche tecnologia e soldi. L’anno scorso Leonardo è stato il miglior titolo di Piazza Affari e le nuovissime linee strategiche UE evidenziano chiaramente la volontà di riversare i fondi pubblici della Difesa europea soprattutto nel Vecchio Continente.

Un approccio da reshoring del missile non nuovo, ma certamente attuale. Ma tutto questo non spiega ancora il rally di oggi di Fincantieri.

Difesa, il rally quasi solitario di Fincantieri

Certo potrebbe essere la semplice riscoperta di un titolo negletto, come visto, dal mercato, ma Fincantieri nell’imperioso rialzo di oggi ha senz’altro qualcosa di particolare. Infatti in queste ore l’Euro Stoxx Total Market Aerospace & Defense cede lo 0,31%, Leonardo guadagna uno 0,68% appena e Thales cede il 2,19%, anche la spagnola Indra, che pure ha appena dichiarato di aspettarsi una crescita di ricavi e di redditività con l’aumento delle spese per la Difesa Ue, guadagna appena lo 0,91%

E lo specifico di Fincantieri potrebbe essere l’articolo di oggi del Sole 24 Ore che riporta di colloqui avanzati con Leonardo per l’acquisizione di Wass, storica casa livornese del siluro che potrebbe valere tra i 200 e i 300 milioni di euro e senz’altro sposterebbe in maniera importante il bilancio misto di Fincantieri verso la Difesa.

L’indiscrezione proviene a sua volta dall’agenzia Nova, molto attenta spesso a queste cose. Come noto Fincantieri e Leonardo, dopo anni di freddezza, si sono molto riavvicinate con le nuove gestioni, al punto che qualcuno aveva ipotizzato una fusione.

C’è pure in campo la joint venture Orizzonte Sistemi Navali (al 51% di Fincantieri), ma i passi di rafforzamento di Fincantieri nella difesa sono stati sempre frenati dalla cautela imposta da bilanci misurati e da azionisti prudenti.

L’ad Pierroberto Folgiero ha in qualche modo rotto le acque e deciso di volgere il timone verso la Difesa, che già copre il 40% del giro d’affari della società di cantieristica navale, ma potrebbe aumentare il proprio peso con l’attuale congiuntura.

Qualche settimana fa il manager ha siglato una joint venture da 30 miliardi di euro con EDGE, un leader mondiale della tecnologia e della difesa di stanza ad Abu Dhabi. Avrà il 51% della jv, ma a Fincantieri andrà la direzione gestionale della partnership basata negli Emirati e questa avrà diritti di prelazione per gli ordini non Nato.

Rispunta così l’ipotesi di finanza straordinaria per finanziare la crescita.

Già qualche giorno fa MF ne parlava dando per favorito il percorso di un aumento di capitale al quale già lavorerebbero il socio al 71% CDP, la stessa società e le banche. Non sarebbe però escluso un bond convertibile o anche un mix delle due possibilità.

Oggi non a caso Il Sole 24 Ore rilancia il discorso sul prossimo aumento di capitale che potrebbe forse concretizzarsi tra le ipotesi tattiche già a metà anno e magari abbinarsi proprio a questi tentativi di crescita per linee esterne con un focus sulla difesa.

Fincantieri, in attesa dei dati di domani...

Gli ultimi dati di Fincantieri, quelli dei nove mesi, hanno fornito alcune indicazioni importanti. A una sostanziale stabilità dei ricavi, con un +1,3% a 5,38 miliardi di euro al 30 settembre 2023, si è contrapposta una crescita molto importante dell’ebitda: +60% a 276 milioni di euro, anche grazie al venir meno dell’inflazione.

Sono cresciuti notevolmente anche gli ordini acquisiti, da 3,3 a 4 miliardi di euro (+23%) ed è cresciuta la posizione finanziaria netta a 2,7 miliardi di euro. Quel patrimonio da 551 milioni di euro al 30 giugno 2023 è davvero troppo poco, ma spunti positivi sono comunque giunti dai dati parziali e preliminari dei 9 mesi anche se non sono bastati ad alzare le stime, ma ora dovranno passare al vaglio della riunione del cda di domani per l’approvazione del bilancio 2023.

Domani probabilmente ci saranno nuovi spunti, forse qualcuno prenderà profitto con il classico sell on news. Nei prossimi mesi, però, Fincantieri tornerà a far parlare di sé.