Francia, il governo Bayrou chiede garanzie sui conti pubblici
pubblicato:L'8 settembre voto di fiducia su un taglio del deficit di 44 miliardi in 4 anni. L'esecutivo si mette in gioco e il mercato trema, forti vendite sulle banche d'Oltralpe

Scosse telluriche oggi dalla Francia a mercati europei già agitati dalle crescenti pressioni di Trump sulla Fed.
Dopo averlo messo a punto giovedì sera con il presidente Emmanuel Macron, il premier Francois Bayrou ha fatto ieri il suo discorso al Parlamento e alla nazione: la situazione è grave, il momento decisivo – ha affermato – la Francia rischia di essere soffocata dal debito pubblico al quale sembra ormai assuefatta.
In soli 20 anni il debito pubblico francese è cresciuto di ben 2 mila miliardi di euro, la spesa per interessi sarà almeno di 75 miliardi di euro quest’anno.
Il governo chiede che un accordo preventivo del Parlamento su un taglio del deficit di 44 miliardi di euro in quattro anni, a partire dalla nuova manovra finanziaria.
Su una previsione di spese di 1.720 miliardi di euro, è uno sforzo del 2%, e, afferma Bayrou, è necessario, tanto che il governo pone la fiducia in Parlamento su questo presupposto. Una cornice minima insomma a ogni successivo intervento sul budget in autunno.
Il prossimo 8 settembre dunque il Parlamento francese dovrà decidere se accettare questo vincolo preventivo o sfiduciare il governo.
Per ironia della sorte questo esecutivo era nato lo scorso dicembre dalle ceneri del governo di Michel Barnier sfiduciato proprio sui lavori per la legge di bilancio del 2025.
La notizia è potente. Non è affatto detto che il governo Bayrou abbia in Parlamento i numeri per la fiducia, che non è obbligatoria in Francia.
Secondo un rapido calcolo di Le Monde già i 123 deputati del Rassemblement National, gli alleati di Udr (15 seggi), l’estrema sinistra di France insoumis (71), i verdi (38), i comunisti (17) e i socialisti (66) hanno comunicato che non voteranno la fiducia: significherebbe il no di 330 seggi su 574 alla sopravvivenza del governo.
Gli estremi parlano già di caduta del governo e l’appello alla responsabilità fiscale e all’unità nazionale di Bayrou rischia di trasformarsi in una debacle, in una nuova crisi politica di cui Parigi non ha proprio bisogno e che rischia di aggravare ulteriormente il quadro di debolezza dell’Europa. Ma in politica le previsioni sono sempre molto rischiose.
Forse si tratta di una manovra necessaria, uno di quei colpi di mano che piacciono a Macron, la ripresa della partita dopo che nei giorni scorsi la France insoumise di Jean-Luc Melenchon aveva preso le redini della protesta contro le richieste di austerity del governo chiedendo uno sciopero generale il 10 settembre in vista del deposito di una mozione di censura sul governo per il 23 settembre.
Francia, la situazione dei conti pubblici
Quanto sono realistici i calcoli fiscali di Bayrou?
Les Echos ha verificato sui numeri della Corte dei conti che, includendo le spese dello Stato, sicurezza sociale e collettiva, gli interessi sul debito francese raggiungono i 66 miliardi di euro quest’anno, superando i 64,3 riservati da Parigi all’istruzione pubblica (al netto della spesa pensionistica) e i 50,5 miliardi appostati per la Difesa.
La stessa Corte dei conti francese ha denunciato lo scorso 2 luglio “l’incapacità francese di contenere la spesa pubblica nel 2024, che ha portato al deficit più elevato dell’Eurozona”.
Nel 2024 la Francia ha registrato un deficit del 5,8% del Pil, in crescita di 0,4 punti rispetto a un 2023 già molto negativo.
La dinamica dei conti pubblici d’Oltralpe ha visto la spesa pubblica primaria, al netto degli interessi sul debito e delle misure eccezionali, in crescita del 2,7% in termini di volume, quindi un deterioramento strutturale dei conti trascinato dall’aumento della spesa delle amministrazioni locali e degli enti per la sicurezza sociale.
In questo contesto la Corte ha chiesto un ritorno durevole ad avanzi primari dopo anni di deficit primari che crescevano mentre si riduceva la crescita: “Il ritorno del deficit pubblico sotto il 3% del Pil entro il 2029, su cui si è impegnata la Francia, non sarò sufficiente da solo a garantire la sostenibilità del debito. Servirà almeno raggiungere un avanzo primario di circa l’1,1% del Pil”.
Sembra di sentire gli annosi commenti sulle finanze pubbliche italiane e non a caso il ministro dell’Economia Eric Lombard ha dichiarato che senza un voto di fiducia al governo su questo obiettivo minimo di taglio del deficit la Francia rischia di pagare sul debito più dell’Italia, né si può escludere il rischio di un intervento del Fondo Monetario Internazionale… Tuttavia si registrano accesi malumori pubblici sul rischio di cancellazione di due giorni festivi (verosimilmente il lunedì di Pasqua e l'8 maggio).
Francia, la reazione dei mercati con forti vendite sulle banche a Parigi
Parole dure che oggi alimentano la paura sui mercati, anche perché non è detto che il voto di fiducia del prossimo 8 settembre non sancisca, più che un governo rafforzato dalla responsabilità comune sui conti, una nuova caduta dell’esecutivo.
Ancora nel pomeriggio i mercati denunciano chiaramente questi pericoli. Il rendimento dell’Oat francese a 10 anni (l’omologo del nostro BTP) segna un rialzo di 2 punti base al 3,50%, un livello che non si vedeva da marzo e che minaccia da vicino il 3,63% visto all’inizio di quel mese. Soprattutto il premio al rischio per il debito francese cresce mentre gli altri europei calano: lo yield del Bund tedesco cede infatti 4 punti base e torna al 2,73%, quello del BTP italiano torna al 3,60% con una flessione di 2 punti base.
Se le vendite colpiscono diffusamente i mercati azionari europei, i titoli di Stato almeno fanno per le altre nazioni da rifugio, mentre a Parigi manca questo riparo.
Sul fronte dell’equity poi il -0,81% dell’Euro Stoxx 50 e il -0,16% del Dax sono performance decisamente più accettabili del -1,54% del Cac 40 francese. Il calo dell’1,16% del Ftse Mib italiano rispecchia le tensioni sul settore bancario che fa ancora da cinghia di trasmissione delle incertezze dei mercati.
Ma fra il -3,22% di Unicredit e il -6,17% di BNP Paribas, c’è una differenza che non lascia dubbi sul fatto che il nervosismo stavolta è a Parigi.
C’è poco da festeggiare se il Credit Agricole perde il 6,59% e SocGen addirittura l’8,35%.
Giustamente Salomon Fiedler, economista di Berenberg, sottolinea che è improbabile che la Bce intervenga a supporto dei bond francesi con lo strumento del TPI (che è molto elastico, ma ha come presupposto un malfunzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria della banca centrale che non è alle viste).
Ma forse è davvero troppo presto per parlare di questo.
In fondo su scala globale i conti che preoccupano di più non sono quelli di Parigi, con il suo deficit al 5,8% e un debito/Pil al 113%, ma quelli di Washington, che ha un deficit del 6,4% e un debito/Pil del 124,3%.
Forse ancora una volta la sfida più grande resta quella della lucidità.