FTAOnline

Gas, si rischia una crisi di lungo periodo

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
4 min

L’ultimo report dell’Agenzia dell’energia conferma l’allarme e taglia le stime sulla domanda: il rischio è una crisi di lungo periodo e l’impatto si sente già

Gas, si rischia una crisi di lungo periodo

L’IEA conferma l’allarme sul gas. L’Agenzia internazionale dell’energia ha pubblicato oggi il report trimestrale sul gas: la sintesi è chiara, la guerra della Russia in Ucraina ha portato uno shock nei mercati europei e mondiali. I mercati del gas erano già in contrazione dalla metà del 2021, ma la nuova tempesta geopolitica ha aggravato molto la situazione con prezzi al consumo fuori controllo e distruzione della domanda.

Già nel 2022 è attesa una leggera contrazione mondiale della domanda di gas naturale. Nel quinquennio tra 2021 e 2025 l’IEA stima una crescita della domanda mondiale di gas di 140 miliardi di metri cubi: è meno della metà dei 370 miliardi stimanti in precedenza per lo stesso periodo ed è persino meno della domanda da record da 175 miliardi di metri cubi vista nel 2021. Complessivamente le stime sulla crescita della domanda globale di gas tra il 2022 e il 2025 sono state ridimensionate del 60% e compresse allo 0,6% l’anno contro l’1,7% di crescita media annua prevista in precedenza.

Gas, Europa al centro di tensioni globali

Keisuke Sadamori, direttore all’Energia e alla Sicurezza dell’Agenzia, ha parlato di forte disgregazione dei mercati mondiali del gas che già si stavano restringendo. “Vediamo ora gli inevitabili picchi dei prezzi, mentre i Paesi del mondo competono per le consegne di GNL”. L’Europa ha deciso di abbandonare il gas della Russia – il suo maggior fornitore storico – ma questo si sta ripercuotendo sulle dinamiche globali del gas.

Per esempio quando il Vecchio Continente si accaparra carichi di GNL inizialmente destinati ad altri Paesi. La stessa IEA aveva suggerito in un report 10 mosse per ridurre la dipendenza europea dal gas russo, ma la situazione si è rapidamente deteriorata nelle ultime settimane.

Crescono i rischi di un taglio unilaterale dei flussi da Mosca e aumenta anche il pericolo di un mercato del gas più compresso per un periodo più lungo. Da tempo cresce la dipendenza europea dal gas russo, ma ora la guerra in Ucraina ha imposto una brusca inversione di marcia. La carenza artificiale di gas creata da Gazprom ha portato a picchi di prezzo e minaccia il prossimo inverno. La Commissione UE vuole azzerare la dipendenza fossile da Mosca entro il 2027. La Lituania ha interrotto l’import di gas russo a inizio aprile, anche l’Estonia e la Lettonia. Bulgaria, Olanda e Polonia non vogliono rinnovare i contratti di lungo termine con Gazprom.

Ma anche il colosso russo del gas ha reagito: ha tagliato le forniture di Bulgaria e Polonia, ha interrotto le consegne alla Finlandia e quindi alla Danimarca e all’Olanda, che rifiutavano i pagamenti in rubli. Anche la Germania vuole ridurre la quota del gas russo al 10% del mix entro l’estate del 2024, l’Italia vuole uscire dalla dipendenza dal gas russo entro la seconda metà del 2024. Austria e Francia vorrebbero abbandonare l’import russo entro il 2027.

L’IEA calcola che i flussi di gas russo in Europa potrebbero crollare di oltre 120 miliardi di metri cubi dai livelli del 2021 e arrivare ad appena 30 miliardi di metri cubi entro il 2025, sotto il 10% del mercato complessivo UE. Ma, come detto, Mosca potrebbe chiudere il rubinetto molto prima e già Cina e India rimpiazzano una parte della domanda.

Gas, il rischio di una crisi di lungo periodo

L’Europa intanto, grazie ai prezzi da record del gas è diventata l’Eldorado delle metaniere e ha distrutto la domanda in molti altri Paesi. Il nostro fabbisogno di gas naturale liquefatto dovrebbe però superare anche quest’anno gli aumenti di capacità previsti nel 2022 e superare nel periodo fino al 2025 una quota del 60% del mercato mondiale di gas naturale liquefatto, con pesanti impatti sulla ripresa globale e continentale. Nel frattempo gli impatti sugli altri consumatori di gas nel mondo, soprattutto gli emergenti, potrebbero innescare nuove crisi.

L’impossibilità di aggiungere nuova capacità di liquefazione a ritmi elevati nel medio e lungo periodo rischia di prolungare la crisi e la ristrettezza del mercato. Un aiuto parziale potrebbe venire da biometano e idrogeno a bassa impronta carbonica e c’è un grande lavoro da fare sulle dispersioni: tra petrolio, gas e carbone quelle del 2021 avrebbero potuto coprire tutto l’aumento della domanda previsto nei 5 anni fino al 2025.

Serve ancora più impegno su efficienza e rinnovabili, ma intanto chi può oggi fa ricorso a nucleare e a carbone per sopperire. Il Financial Times avvertiva ieri che la Germania a maggio ha segnato il primo deficit commerciale in oltre 30 anni: da un lato i costi dell’energia hanno buttato giù le esportazioni della locomotiva d’Europa, dall’altro lato hanno fatto salire il valore delle importazioni. Un deficit della bilancia commerciale da un miliardo di euro a maggio, come non si vedeva dal 1991. “Una sfida storica”, ha commentato il cancelliere Olaf Scholz. Ma non è soltanto una sfida della Germania