Oro sull’altalena dopo il raffreddamento della guerra commerciale

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Prezzi del metallo giallo in calo, le intese sui dazi frenano la corsa ai beni rifugio

Oro sull’altalena dopo il raffreddamento della guerra commerciale

Settimane vivaci anche per l’oro nei mercati internazionali.

Il metallo giallo, dopo le giornate più dure della guerra dei dazi Usa a inizio aprile, aveva avviato una rimonta che aveva portato a nuovi record storici il 22 aprile scorso intorno ai 3.500 dollari l’oncia, ossia più di 96 euro al grammo. Poi è arrivato un ribasso importante, fino a circa il 10% sui minimi di giovedì scorso.

Sui prezzi dell'oro nelle ultime settimane hanno influito diversi fattori: dai riscatti d’emergenza dei fondi d’investimento alle prese con i margin call nelle sedute più dure di Wall Street al deprezzamento del dollaro (il cambio euro/dollaro tra l’inizio di febbraio e il 21 aprile ha guadagnato il 13%).

Così anche il bene rifugio per eccellenza ha registrato una certa instabilità.

Lo scenario negli ultimi anni, anche per l'oro è diventato più complicato. Tra fenomeni di dedollarizzazione e domanda delle banche centrali, consumi dell’industria (come per i gioielli indiani) e movimenti del biglietto verde, anche l'oro ha registrato spinte contrastanti sui prezzi. Senza dimenticare le attese sui tassi d’interesse Usa, un evergreen anche per il metallo giallo.

Oro, secondo Goldman Sachs ci sono ancora spunti al rialzo

Anche Goldman Sachs nota, in un report odierno, che l’oro ha ripiegato in maniera significativa dai massimi di aprile, ma non dimentica che dall’inizio dell’anno i prezzi del metallo giallo mostrano una performance di tutto rispetto con un solido +21 per cento.

Nel mercato dell’oro - evidenzia la banca d’affari americana - si notano ancora delle elevate posizioni speculative cinesi alla Borsa dei future di Shanghai (SHFE), ma si tratterebbe di posizioni relativamente ridotte ed essenzialmente collegate più al prezzo locale cinese dell’oro, che alle sue valutazioni internazionali.

Secondo la banca americana, al netto della domanda statunitense, la domanda di oro delle banche centrali e di altri istituzionali sarebbe giunta a marzo a 64 tonnellate. Per capire l’importanza di questo fattore, si può ricordare che prima del 2022 era in media di appena 17 tonnellate al mese e, sempre secondo Goldman Sachs, la domanda delle banche centrali, in media, ha complessivamente raggiunto dall’inizio dell’anno, le 94 tonnellate mensili, superando le attese dello stesso istituto che prevedeva quota 80 tonnellate a metà del 2026.

In definitiva GS conferma la previsione di un prezzo dell’oro a 3.700 dollari alla fine di quest’anno - il che significherebbe un rialzo del 14% sulle valutazioni di oggi a 3.227 dollari l’oncia - e proietta a 4.000 dollari i prezzi dell’oro a metà 2026.

Sebbene le previsioni sull’oro rimangano positive, la banca americana afferma però che le proiezioni più ardite sui prezzi dell’oro si sono fatte meno probabili a seguito dei recenti accordi commerciali degli Stati Uniti e dei minori rischi di recessione.

Anche gli analisti di ING alla fine della scorsa settimana hanno notato un calo settimanale delle quotazioni dell’oro del 3% sui minimi di oltre un mese e hanno attribuito questo passo indietro delle quotazioni del metallo giallo ai venti di tregua sulle frontiere della guerra commerciale di Trump.

ING calcola che nel primo trimestre le banche centrali avrebbero acquistato circa 244 tonnellate di oro, un dato importante, ma in calo del 33% rispetto al trimestre precedente. Nel breve periodo la banca prevede una fase di consolidamento, con prezzi a 3.128 dollari l'oncia in media nell'intero 2025.

In definitiva qualche incertezza in meno ha penalizzato le quotazioni dell’oro e la domanda di beni rifugio ultimamente.
Non tutto il male vien per nuocere verrebbe da aggiungere.

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