STM, il rimbalzo si ferma sui minimi di inizio febbraio
pubblicato:La questione della governance del gruppo resta spinosa, intanto si preparano 2.800 esuberi e i sindacati denunciano: manca un strategia di prodotto e recupero delle quote di mercato

Dai minimi del 7 aprile a 15,76 euro, il titolo di STMicroelectronics ha recuperato il 27% circa, facendo leva su quella tregua dei 90 giorni alla guerra dei dazi che ha risollevato un po’ tutto il mercato. Contro i minimi dello scorso 3 febbraio a 20,66 euro però l’azione ha trovato un muro: solo ieri, con un allungo intraday a 20,97, i corsi hanno cercato di forzare questo ostacolo che ormai da diverse sedute tarpa le ali di un rimonta tutta da consolidare e carica di incertezze.
Nel mondo dell’elettronica verrebbe da pensare che il driver principale dei prezzi di STM debba essere l’indagine approfondita di Washington sul mondo dei semiconduttori che per il momento ha lasciato esenti dalle peggiori tariffe Usa gran parte dell’elettronica di importazione cinese negli States (dai cellulari ai tablet, si vedano anche le ultime dichiarazioni del cliente chiave di STM Apple). Ma in realtà, seppure questo tema esista anche per STM, il colosso franco-italiano del chip dopo un terribile 2024 e un inizio del 2025 ancora molto debole, è piuttosto costretto nelle sabbie mobili di una governance contrastata.
STM, ancora incerta l'evoluzione della governance
Dopo i profit warning di STM dell'anno scorso e il calo delle vendite generali di chip in Europa e Giappone, l'anno 2024 ha anche visto altri colossi dell’elettronica registrare record storici da capogiro. Con il crollo del titolo, del fatturato e degli utili di STM in qualunque grossa quotata del mondo si sarebbe aperto un dibattito sul cambio del management, quantomeno per tranquillizzare gli investitori in fuga con un segnale di discontinuità. In STM questo non sembra possibile.
La governance del gruppo è già molto farraginosa in partenza, visto che la sede legale di STM è ad Amsterdam e quella amministrativa a Ginevra mentre i soci di riferimento sono a Parigi e a Roma.
Finora però aveva funzionato. ST Holding, la holding equamente controllata da Parigi e Roma che a sua volta ha il 27,77% di STM, alternava presidenza e vicepresidenza del consiglio di sorveglianza tra francesi e italiani e sulla stessa falsariga anche il CEO e l’eventuale CFO a suo sostegno.
Tutto parte appunto dal consiglio di sorveglianza, perché ha su 9 membri che lo compongono 6 sono espressione di ST Holding. I “managing directors” che comprendono anche appunto l’amministratore delegato e il direttore finanziato vengono nominati dall’assemblea degli azionisti secondo lo statuto di STM e hanno un mandato di 3 anni. Ma come noto il Tesoro italiano (come probabilmente gran parte degli investitori visto che il titolo dai massimi del luglio 2023 è arrivato a perdere quasi il 70%, ossia è passato da oltre 50 euro fino ai recenti minimi a 15,76 euro), vorrebbe un cambio di passo e possibilmente una sostituzione dell’attuale CEO Jean-Marc Chery che non sembra in grado di gestire questa fase di crisi e neanche di misurarla, viste le continue riduzioni delle attese in corso d’opera.
Il Ministero dell’Economia non ambisce a ottenere prima del tempo la nomina del CEO in carico oggi ai francesi, ma vorrebbe, anche con un francese, sostituire l’attuale CEO ritenuto responsabile della debacle dei conti cui ha fatto seguito quella dell’azione.
Le mosse concrete fatte finora non sono però sembrate adeguate alla situazione. Le dimissioni di Maurizio Tamagnini dalla vicepresidenza del consiglio di supervisione lo scorso 19 marzo 2025 sembrano soltanto avere indebolito la rappresentanza italiana nel board. Il no poi alla candidatura di Marcello Sala, il direttore generale del Tesoro, per la sua sostituzione ha sancito l’inevitabile rottura del management con l’azionista italiano, ossia con il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, che ora, secondo i rumors, si adopera per un’assemblea straordinaria del gruppo e, presumibilmente, ha avviato dei contatti anche con altri azionisti del gruppo.
Per ora sulla carta rimane soltanto la convocazione dell'assemblea per il prossimo 28 maggio 2025. All'ordine del giorno anche la manleva per il consiglio di gestione. la "discharge" per i membri del consiglio di supervisione per il 2024 e un piano di stock option fino a 100 mila azioni (unvested stock award che dovranno essere subordinati a determinate performance) per l'amministratore delegato Jean-Marc Chery. Altre 90 mila sono preparate per il CFO Lorenzo Grandi.
Dovrebbero poi entrare nel consiglio di supervisione: lo svizzero Werner Liberherr, ex CEO di MorGen Energy (idrogeno) con esperienze in energia, aerospazio e automotive e Simonetta Agri (ex Sace in sostituzione dell'uscente Donatella Sciuto); dovrebbero essere riconfermate Ana de Pro Gonzalo (spagnola ex CFO di Amadeus IT Holding) ed Hélène Vletter van Dort (olandese ex Fortis Bank e Banca Centrale Olandese).
Ma - come detto - delle novità su questo fronte non sono da escludere.
STM, il primo trimestre conferma la fase di debolezza, ritirata la guidance 2025
Nel mezzo sono usciti i dati del primo trimestre di STM che hanno confermato la crisi e non hanno fornito grandi spunti di ottimismo. Il 24 aprile, il giorno prima della festa italiana della liberazione e poco dopo il Lunedì dell’Angelo, STM ha riportato ricavi netti trimestrali in calo del 27,3% a/a a 2,517 miliardi di dollari e un utile netto crollato dell’89,1% a 56 milioni di dollari, contro i 513 milioni del primo trimestre del 2025.
Si fa presto a dire a quel punto: “Vediamo il primo trimestre del 2025 come il fondo, nell’attuale incerto contesto ci stiamo focalizzando su ciò che possiamo controllare: mantenere il ritmo dell’innovazione e accelerare la competitività del nostro prodotto e del nostro portafoglio tecnologico, focalizzando sulla manifattura avanzata e su uno stretto controllo dei costi”. Così il Ceo Jean-Marc Chery che però ha dovuto confermare il taglio di 2.800 dipendenti su scala globale in 3 anni, circa poco meno del 6% dei 48.254 dipendenti totali.
STM, esuberi e strategie
Sembra che mille posti saranno tagliati in Francia e altrettanti in Italia, soprattutto ad Agrate Brianza vicino Milano.
I sindacati sono da tempo in allerta. Massimiliano Nobis, segretario nazionale di FIM CISL dopo l’incontro al MIMIT del 10 aprile scorso, da cui emersero i 2.800 esuberi, ritiene che non ci siano stati miglioramenti e leggendo i risultati del trimestre (pubblicati appunto il 24 aprile) conferma che si teme che i mille esuberi potrebbero colpire soprattutto Agrate Brianza.
Chery ha dichiarato che i tagli dei posti di lavoro saranno gestiti in tre anni soltanto con misure volontarie, ma la situazione preoccupa un po' tutti gli osservatori, anche per l'impatto sullo strategico settore dell'elettronica, che già sembra in affanno nella concorrenza globale.
Le prospettive fornite dall’azienda sono abbastanza precise, ma non su questo doloro fronte. Il piano è per un taglio dei costi “high triple-digit million dollar” al 2027, ossia tra i 700 e i 900 milioni di dollari.
I ricavi nel secondo trimestre del 2025 dovrebbero essere di circa 2,71 miliardi di dollari, ancora in calo nel middle point (+/- 350 basis point) del 16,2% sul dato di un anno fa, ma in crescita sequenziale del 7,7% e peserà in questi tre mesi un impatto di circa 420 punti base sul margine lordo (atteso al 33,4% +/-200 punti base) dovuto a oneri per capacità inutilizzata.
La guidance sul 2025 è stata sostanzialmente ritirata, almeno sul fronte dei ricavi, facendo riferimento al terremoto dei dazi. Una scelta affine a quella di Stellantis, d’altronde il presidente del consiglio di supervisione Nicolas Duforcq è anche amministratore non esecutivo di quel gruppo.
Nell'anno comunque si conferma la previsione di capex (investimenti operativi in immobilizzazioni) di 2,0-2,3 miliardi di dollari.
STM, cosa si prevede per Catania e Agrate
Anche a Catania si guarda con preoccupazione allo sviluppo industriale del gruppo, lì ci sono tre impianti e un investimento recente da 5 miliardi di euro (2 miliardi circa dallo Stato italiano) nel carburo di silicio che viene prodotto per i chip da 200 mm e nell’unità CT6 in wafer da 150 mm che per il 50% degli ordini dipende dalla Tesla, ora entrata in crisi e di recente rivolta ad approvvigionamenti dalla statunitense On Semiconductor.
Ad Agrate la società intende convertire la maggior parte della produzione da 8 pollici a 12 pollici (circa appunto 300 mm) in due tappe; nel 2027 fino a 8.000 wafer a settimana e oltre il 2030 fino a 14.000 wafer a settimana.
Ma i sindacati denunciano la mancanza di un piano credibile su nuovi prodotti e strategia di recupero delle quote di mercato. La concorrenza cinese in questo caso sembra colpire a monte la domanda, d’altronde anche se la richiesta dei chip nei mercati di riferimento di STM è calata, quella dei chip di STM è calata ancora di più ed emerge quindi un problema di competitività.