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SVB: Borri (Luiss), rischi limitati in Europa

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
3 min

Il sistema finanziario italiano ed europeo sono sostanzialmente solidi e il caso SVB ha diverse specificità

SVB: Borri (Luiss), rischi limitati in Europa

Il fallimento della banca californiana Silicon Valley Bank (SVB) ha generato un terremoto globale nei mercati finanziari. Anche Piazza Affari ne ha risentito non poco, ma in molti giudicano il panic selling di ieri una reazione irrazionale dei mercati.

C’è però anche chi pensa che SVB non sia un caso isolato e che le reazioni possano indurre anche le banche centrali a una maggior prudenza sulle strette monetarie in corso. Ne parliamo con Nicola Borri, esperto di Finance e Banking della Luiss.

L'Eurogruppo e altre autorità hanno smentito grandi impatti in Europa dal caso SVB. Abbiamo regole di Basilea per tutte le banche e molti più paletti del credito regionale statunitense. Bene, ma allora perché ieri c'è stato il tipico sell-off? Reazione irrazionale dei mercati?

“I mercati temono che altre banche abbiano in portafoglio titoli (ad esempio, bond sovrani) che hanno perso valore a seguito dei rialzi dei tassi di interesse da parte delle banche centrali. Spesso le banche hanno i titoli in portafoglio fino a scadenza e quindi registrano i titoli al valore nominale.

Tuttavia, se le banche fossero costrette a vendere - ad esempio per una crisi di panico dei mercati - potrebbero registrare delle perdite. Non credo che - quantomeno per le banche medio/grandi - i mercati temano insolvenza, piuttosto sono possibili perdite in conto capitale e minore profittabilità”.

SVB ha accumulato perdite su titoli di Stato USA, quindi a rischio sostanzialmente zero. Gli esperti parlano di maturity mismatching e avidità grossolana impossibili nel quadro europeo, ma tutti ricordiamo la crisi del debito sovrano UE e il contagio ai bilanci bancari. Non potrebbe accadere di nuovo?

“In realtà, con il QE sono state le banche centrali a comprare molti titoli sovrani, piuttosto che le banche. Infatti, le banche centrali stanno registrando perdite nominali sul portafoglio titoli. In Europa, resta la questione dei 'risk weights' uniformi sui titoli sovrani.

Tuttavia, bisogna anche dire che finora la BCE si è dimostrata pronta ad accogliere come collaterale qualsiasi titoli sovrano, a meno di piccole eccezioni. Allo stesso tempo, altri soggetti non bancari potrebbero soffrire per l'aumento dei tassi e il conseguente effetto sul portafoglio titoli. Con le dovute differenze e specificità, quanto avvenuto con Eurovita ha una radice simile”.

La prima cosa che ha fatto il governo federale USA è stata un intervento a tutela dei depositi, anche quelli oltre i 250 mila dollari della soglia ufficiale. Abbandonati invece al loro destino azionisti e obbligazionisti, probabilmente è il secondo più grande fallimento bancario della storia Usa.

Il tema chiama in causa l'Unione bancaria Ue e le nostre soglie, che, ricordo, sono a 100 mila euro. Cosa succederebbe in Italia? Cosa manca ancora nel quadro normativo Ue al riguardo?

“Nelle banche italiane, la quota di depositi sopra la soglia dei 100 mila euro è molto inferiore a quella vista in SVB, dove circa il 95% dei depositi era al di sopra della soglia vigente negli Stati Uniti (250 mila dollari). In questo senso, il rischio per i depositanti in Italia (e in Europa) è molto più ridotto.

L'esperienza recente italiana credo abbia, invece, insegnato ai risparmiatori che detenere azioni e obbligazioni emesse da istituti di credito espone ad alcuni rischi e che questi strumenti non possono essere considerati alla stregua di investimenti privi di rischio.

Questo non vuol dire che i risparmiatori debbano stare alla larga, ma più semplicemente che possono entrare in un portafoglio finanziario ben diversificato dopo averne appropriatamente valutato il rapporto rischio-rendimento”.