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Tassazione buoni fruttiferi postali e BTP: cosa cambia nel 2023

di Miriam Ferrari pubblicato:
3 min

Quali sono i prelievi fiscali che si applicano ai buoni fruttiferi postali e ai Btp? Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla tassazione di questi strumenti finanziari e non, e quali sono le regole che si applicano dal 2023.

Tassazione buoni fruttiferi postali e BTP: cosa cambia nel 2023

I buoni fruttiferi postali (Bfp), così come i Btp, sono degli strumenti di investimento sottoposti a imposizione fiscale: quali sono le nuove regole sulla tassazione che si applicheranno a partire dal 2023?

Mentre per i Bfp si pagano sia l’imposta sul possesso sia sulla rendita periodica; la tassazione che viene applicata ai Btp è differente: sugli strumenti finanziari, infatti, si paga l’imposta sui guadagni in borsa.

C’è poi l’imposta di bollo che grava sui buoni fruttiferi postali, che non si applica sotto la soglia di 5.000 euro, cosiddetta franchigia.

Cerchiamo di capire qual è la tassazione che si applica ai buoni fruttiferi postali e a quale imposizione fiscale sono sottoposti i Btp.

Buoni fruttiferi postali e imposte sui rendimenti

Una delle prime imposizioni fiscali che si applicazioni ai buoni fruttiferi postali riguarda i rendimenti, meglio conosciuta come l’imposta sulle rendite finanziarie.

In pratica, ogni detentore dei buoni fruttiferi postali deve versare allo Stato una parte dei rendimenti giornalieri del Bfp: tale imposta ammonta al 12,50%, così come quella delle obbligazioni di Stato italiane.

Se, per esempio, il rendimento di un buono fruttifero è all’1%, il detentore dovrà versare allo Stato una parte degli interessi, ottenendo lo 0,875% netto.

Questa aliquota applicata ai buoni fruttiferi postali è vantaggiosa, considerando che sugli altri strumenti finanziari si applica una tassazione al 26% (per i conti deposito) o al 20% (per i conti correnti).

Anche per questo motivo l’investimento in questi strumenti emessi da Cassa depositi e prestiti è sicuramente vantaggioso dal punto di vista fiscale.

Buoni fruttiferi postali e imposta di bollo

Un’altra imposta che grava sui Bfp è l’imposta di bollo: si tratta, in questo caso, di uno dei prelievi più odiati dai risparmiatori.

A partire dal 2014, l’imposta di bollo viene applicata regolarmente nella misura del 2 per mille (0,2%) della somma che si detiene sotto forma di investimento.

A titolo esemplificativo, su un Bft di 10.000 euro il risparmiatore dovrà versare 20 euro all’anno allo Stato di imposta di bollo, ovvero 5 euro a trimestre.

C’è però una scappatoia: considerando la franchigia, tutti coloro che possiedono buoni fruttiferi postali di valore inferiore a 5.000 euro godono dell’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo.

Btp, cos’è il capital gain: imposta sui rendimenti in borsa

Rispetto ai buoni fruttiferi postali, ai Btp si applica una tassazione diverse in quanto strumenti finanziari di diversa tipologia. A questi ultimi viene applicata, dunque, l’imposta sui rendimenti in borsa, il cosiddetto capital gain.

Questa imposta, però, si paga solo sui “guadagni” e non sulle “perdite”: per il calcolo è necessario considerare l’aliquota al 12,50% della differenza fra il prezzo di acquisto e di vendita del titolo finanziario.

Per fare un esempio, se acquisto un Buono del tesoro poliennale a 9.300 euro e lo vendo successivamente a 10.300 euro, lo Stato si andrà a intascare il 12,50% della differenza tra i due prezzi, ovvero 1.000 euro, arrivando a ottenere 125 euro.

Una delle ultime proposte avanzate dalla Lega in merito a questi strumenti finanziari, infine, riguarda la possibilità di ottenere uno sconto fiscale sui Btp per detrarre dall’imposta sui redditi fino al 30% del valore.

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