Credit Suisse, stranezze e normalità che scuotono la fiducia

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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La crisi di una delle 30 maggiori banche del mondo chiama in causa tutti gli sceriffi della finanza, dalla Finma svizzera alla SEC USA, a Basilea all’FSB. Possibile che una delle banche più controllate del mondo faccia un terremoto sui mercati perché il socio arabo frena su nuovi investimenti? O è stato il bilancio riscritto in fretta e furia dopo una insolita richiesta di precisazioni statunitense? Certo Credit Suisse perdeva da mesi valore in Borsa, clienti e credibilità, ma è una crisi che non fa bene ai mercati

Credit Suisse, stranezze e normalità che scuotono la fiducia

In queste ore il caso Credit Suisse sembra finito a tarallucci e vino, con il titolo che recupera il 25% a Zurigo e si riporta sopra i 2,1 franchi. La banca centrale svizzera, la SNB, ci ha messo una pezza da 50 miliardi di franchi (circa 49,17 miliardi di euro) con una linea di credito garantita (un Covered Loan Facility) e liquidità di breve termine.

È stato un fuoco di paglia? No. La dimostrazione che i mercati sono molto nervosi e la fiducia vacilla. A buona ragione d’altronde.

Appena crollata la SVB californiana, la Signature Bank ed entrate in crisi altre banche regionali statunitensi, si era subito detto che era colpa di Trump, che aveva tolto i paletti di Basilea alle banche sotto i 250 miliardi di dollari di attivo.

In altri posti e specialmente in Europa non sarebbe possibile - rimbalzava il tam tam - troppe regole costruite dal 2008 in poi, proprio per evitare il fallimento dei too big to fail, o almeno recintarlo, guidarlo, in maniera ordinata.

Poi però Credit Suisse, che certo non era messa bene, ma sembrava sotto controllo innesca una crisi finanziaria globale, rapida e forse effimera, ma certo grave. Per la fiducia innanzitutto.

Credit Suisse, le anomalie e i tempi

La prima causa additata dai mercati per l’improvviso crollo del titolo (e lo sfacelo che lo ha accompagnato sui mercati) è stata un’intervista un po’ disinvolta del presidente della Saudi National Bank (SNB) Ammar Al-Khudairy. Bloomberg gli chiedeva di eventuali nuovi investimenti in Credit Suisse, lui: “La risposta è assolutamente no, per molte ragioni.

Esporrò la ragione più semplice, che è quella regolamentare e statutaria. Noi attualmente controlliamo il 9,8% della banca, se superassimo il 10% si attiverebbe tutto un set di nuove regole da parte del nostro regolatore e da parte del regolatore europeo e non siamo inclini a entrare in questo nuovo regime”.

La SNB insomma potrebbe salire sopra il 10% di Credit Suisse, ma dovrebbe entrare in una serie di obblighi regolamentari più stringenti. Le “qualified participations” sopra il 10% delle banche svizzere effettivamente sono sottoposte a una sorveglianza molto più stretta: dichiarare se sono quote acquistate in conto proprio o su base fiduciaria, se ci sono opzioni o diritti in gioco; l’acquirente di quote così elevate deve anche garantire che l’influenza acquisita non sia usata per arrecare danni a una sana e prudente gestione del business. Però c’è dell’altro che accade a ridosso dell’intervista e forse influisce sul passo indietro dei sauditi.

Lo scorso 9 marzo infatti, il giovedì di fuoco della Silicon Valley Bank che perdeva a Wall Street il 60% e terrorizzava i mercati, la SEC, ossia la Consob statunitense e – si badi bene – non quella svizzera o un’autorità europea o internazionale, all’ultimo minuto chiedeva a Credit Suisse chiarimenti sul bilancio, già notoriamente disastroso, sollevando questioni sul modo in cui alcuni flussi di cassa erano stati catalogati nel 2020 e nel 2019.

Legittimo senz’altro e doveroso, anche se forse una delle 30 banche più controllate del mondo come la banca sistemica Credit Suisse, avrebbe dovuto essere redarguita dai suoi regolatori diretti, a partire dalla FINMA, la Consob svizzera e dalla Banca centrale svizzera. Soprattutto dopo le brutte cose già emerse.

Credit Suisse, il bilancio dell’altro è sbagliato?

Così si arriva alla sera prima della giornata terribile di Credit Suisse. Il 14 marzo 2023, il giorno dopo il lunedì nero delle Borse per le paure della Silicon Valley Bank (SVB), viene pubblicato in ritardo il bilancio di Credit Suisse che tiene conto degli appunti già emersi.

Confermata la perdita da quasi 7,3 miliardi di franchi nel 2022, confermati anche gli spaventosi dati sui deflussi che poi sono quel che si guarda di più dopo la crisi di fiducia, il piano di ristrutturazione, i cambiamenti al vertice (anche un po’ curiosi), i nuovi bond e gli aumenti di capitale.

Neanche la banca più sana del mondo può resistere a una corsa allo sportello, Credit Suisse non è a questo punto, ma ci si è avvicinata molto, come forse mai una banca sistemica mondiale.
Nel 2022 i depositi dei clienti sono crollati da 392,8 a 233,23 miliardi di franchi: quasi 160 miliardi in meno, ossia il 40% circa.

Ben 138 miliardi di franchi sono stati ritirati dai depositi soltanto negli ultimi tre mesi dell’anno. Il nuovo ad Ulrich Koerner ha detto che la fuga dei primi giorni del trimestre si è poi calmata, anche se non c’è stato un ritorno di flussi positivi. Tranquillizza fino a un certo punto.

Ma nel bilancio c’è anche qualcosa di almeno altrettanto preoccupante: una sostanziale debolezza. Una “material weakness” che nella versione precedente non c’era e che il management e in particolare il consiglio di amministrazione scopre nella reportistica del 2022, ossia nel bilancio già terribile prima pubblicato e poi riscritto su ispirazione della SEC statunitense.

Il controllo interno sulla reportistica è stato inefficace e “non ha progettato ed eseguito un efficiente processo di valutazione del rischio per identificare e analizzare il rischio di sostanziali inesattezze nei documenti finanziari. Questa debolezza sostanziale potrebbe materializzarsi in inesattezze nella documentazione finanziaria annuale non preventivate e non individuate”.

In altre parole non sappiamo bene se il bilancio di una delle maggiori 30 banche del mondo è esatto. Per di più a uno sguardo più attento ci sono gli stessi rischi anche sul bilancio 2021. Non solo – aggiungiamo noi – la SEC vi ha chiesto chiarimenti pure sui due anni prima, ossia 2020 e 2019.

Credit Suisse, sceriffi distratti? Regole inefficaci?

Una delle banche più controllate del mondo, con una capacità di assorbimento totale delle perdite (Total loss-absorbing capacity TLAC) del 144%.
Una banca che dichiara che le strettissime maglie dei controlli svizzeri le impongono capitale di sicurezza anti rischio (sintetizziamo così CET1 ratio minimum e buffer component+strumenti additional tier 1+bail-in debt) che è addirittura al 27,16% contro l’11,5% dei requisiti di Basilea.

Poi però il bilancio potrebbe essere sbagliato, anzi i bilanci degli ultimi quattro anni.

E quel comitato di superesperti, autorità di controllo, banchieri centrali che costituisce Basilea, l’FSB etc. non se ne è accorto. L’hanno dovuto scoprire – in date un po’ sospette in effetti – negli Stati Uniti gli sceriffi della SEC.

La Consob svizzera, la FINMA, aveva già avviato ovviamente diverse verifiche ed evidenziato carenze.

D’altronde sarebbe stato impossibile il contrario. Credit Suisse aveva già perso buona parte della fiducia degli investitori con i cattivi investimenti in Greensill e Archegos Capital. Ci avevano sbattuto contro in tanti da Goldman Sachs a Morgan Stanley, da Deutsche Bank, da General Atlantic a Softbank, ma meno forte, forse per una gestione del rischio più accorta, che poi sarebbe il loro mestiere.

Erano emersi poi vecchi e brutti casi su soldi di gruppi criminali passati nei conti della banca svizzera fino al 2010, c’erano stati i tuna bond del Mozambico, con tanto di condanna dai regolatori al Credit Suisse: cancellate 200 milioni di dollari del debito di quel Paese africano che avete contribuito ad affossare.

Beh controlli e rilievi della FINMA svizzera, ma il 10 marzo (il giorno dopo della richiesta di chiarimenti sul bilancio della SEC), la stessa Consob svizzera afferma che “non ravvisa motivi sufficienti per avviare un procedimento a seguito delle dichiarazioni sui deflussi di fondi dei clienti rilasciate da Credit Suisse”.

Insomma tutto bene, solo che pochi giorni dopo spunta che forse i bilanci sono sbagliati.

Sicuramente c’è tanto nervosismo nei mercati, sicuramente parliamo di una banca le cui azioni aveva già perso – prima delle ultime due settimane più dell’80% in Borsa fra il febbraio del 2021 e l’inizio di questo mese.

Però se queste cose possono succedere con una delle banche più controllate del mondo – e intendiamoci i capitali anti-crisi risultano (sempre se i bilanci sono giusti), come fanno gli investitori a fidarsi dei mercati finanziari?

Questo sì, è il punto. Perché, come insegnano a scuola, il motore dei mercati non è il denaro, ma la fiducia.

 

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