Dollaro debole, Wall Street sempre meno ottimista sul biglietto verde
pubblicato:Di nuovo in calo la valuta Usa e aumentano le incertezze sui dazi. Diversificazione è il mantra di parecchi analisti. Intanto la BCE vede delle opportunità per l'euro

In avvio di ottava il mercato punta l’indice soprattutto sulle tensioni della guerra dei dazi per giustificare la debolezza dei mercati azionari europei, dei primi contrastati movimenti dell’azionario USA e del dollaro, che perde ancora una volta quota.
La scorsa settimana, dopo qualche ora dallo stop della Corte del Commercio Internazionale USA all’applicazione della maggior parte dei dazi USA di questa seconda amministrazione Trump, una Corte di appello USA aveva capovolto rapidamente il quadro e riattivato le tariffe nelle quali la Casa Bianca ha riposto gran parte della propria politica economica finora.
Nel week-end Trump è tornato sul tema annunciando questa volta un balzo dei dazi su acciaio e alluminio dal 25 al 50% dal prossimo 4 giugno.
"E' un mio grande onore alzare i dazi su acciaio e alluminio dal 25% al 50%, a partire da mercoledì 4 giugno. Le nostre industrie dell'acciaio e dell'alluminio stanno recuperano come mai prima. Questa è un'altra scarica di grandi notizie per i nostri magnifici lavoratori dell'acciaio e dell'alluminio. MAKE AMERICA GREAT AGAIN!", ha postato il presidente USA sul suo social media Truth.
Il quadro insomma si complica ulteriormente all’avvio di una settimana che vedrà anche la pubblicazione di importanti dati macroeconomici USA sul mondo del lavoro (dagli Jolts, alla variazione dell’occupazione non agricola ADP, alle buste paga del settore non agricolo) fino alla decisione in Europa della BCE sui tassi d’interesse giovedì prossimo, quando l’Eurotower verosimilmente taglierà ancora il tasso sui depositi dal 2,25 al 2,00% (al 2,15% il tasso principale atteso).
In queste ore il future sul Dollar Index, ossia l’indice che ‘pesa’ il biglietto verde sulle maggiori valute globali a partire dall’euro, segna un calo dello 0,42% a 98,84 dollari.
Al contempo il dollaro perde lo 0,68% sull’euro con il cambio EUR/USD, che torna a 1,141, e cede lo 0,47% sullo yen.
Quanto le incertezze sulle politiche di Trump o sui conti pubblici USA pesino sulle performance del dollaro è oggetto di un complesso e costante dibattito.
Di certo anche i flussi di oggi sembrano con gradualità confermare cauti deflussi dal mercato americano, in parte in favore di quello europeo.
Lo ha sottolineato di recente anche la numero uno della BCE Christine Lagarde in un recente discorso a Berlino, affermando che la moneta unica si candida ad essere una alternativa sostenibile al dollaro nelle fasi di incertezza, e aggiungendo che “I cambiamenti in corso pongono le basi per un ‘momento globale dell’euro’”.
Affermazioni di peso a patto di ancorarle ai pesi relativi attuali delle due valute nelle riserve di valuta straniera: il 20% circa per l’euro e il 58% del dollaro americano.
Insomma decisamente troppo poco per parlare di dedollarizzazione, ma abbastanza per raccontare delle opportunità di crescita. D’altronde da metà gennaio ad oggi l’euro ha guadagnato circa il 12% sul dollaro che sembra patire le politiche tariffarie di Trump.
Dollaro, le banche di Wall Street prevedono ulteriori cali
Sulla complessità di ogni modello che cerchi di stabilire la corretta valutazione del dollaro (e delle altre valute) torna in uno studio di qualche giorno fa anche Goldman Sachs, che ‘scopre’, fra mille distinguo, che entrambi i propri modelli di studio delle valute - un modello interno ‘GSDEER’ simile in parte al tradizionale modello PPP sulla parità di potere di acquisto e il modello ‘GSFEER’ simile al FEER tradizionale di equilibrio esterno – scontano una sopravvalutazione del dollaro di oltre il 15%. Ci sarebbe insomma ancora spazio per un ampio deprezzamento del biglietto verde.
Né si tratta di un caso isolato oggi anche Bloomberg sottolinea che diverse banche d’affari di Wall Street puntano ormai apertamente su un prossimo ulteriore deprezzamento del dollaro.
Per Morgan Stanley il dollaro potrebbe tornare ai livelli della pandemia di Covid 19 entro la metà del 2025 e anche JP Morgan resta ribassista sulla valuta statunitense. Se guardiamo i future sul Dollar Index, notiamo dei minimi nel 2021, nel pieno della pandemia, sotto i 90 dollari.
Fra i fattori ribassisti che vengono più spesso citati, c’è una crescente sfiducia sulle attività a stelle e strisce a causa delle crescenti incertezze sulla guerra dei dazi.
Le sfumature vanno da un graduale riposizionamento, dopo i forti flussi di investimento negli Stati Uniti generati dalle performance brillanti di diverse società a stelle e strisce, a un più forte ridirezionamento degli investimenti, causato anche da considerazioni di carattere macroeconomico.
Chiaramente fra un riequilibrio di portafoglio per una migliore gestione del rischio e un disinvestimento attivo da un mercato cambia tutto, ma di certo oggi sembra che, ancora una volta, le pressioni USA sui dazi penalizzino il mercato a stelle e strisce e la sua valuta.