MPS su Mediobanca, Lovaglio contro Nagel contro Caltagirone contro...
pubblicato:Breve disanima degli ultimi dissapori a pochi giorni dall'avvio dell'offerta di scambio (che resta a sconto). Lovaglio afferma che sostituirebbe Nagel, che da poco ha tenuta un conferenza per bocciare l'offerta. Intanto Caltagirone tiene il punto sull'ABB di MPS da parte del governo... ecco cosa succede

Ricostruire tutto il conflitto esploso tra MPS e Mediobanca è complicato, ma sicuramente i toni con l’avvio dell’offerta della banca senese lunedì scorso, non si sono calmati, anzi. Di certo qualche coordinata in più dopo le polemiche delle ultime 24 ore di cui ci apprestiamo a rendere conto non può far male.
Offerta di scambio di MPS su Mediobanca
Le date:
Lunedì 14 luglio 2025 è scattata l’offerta di scambio di di MPS su Mediobanca. Durerà fino al prossimo 8 settembre 2025.
Il corrispettivo
Sul piatto MPS mette 2,533 azioni proprie per ogni azione di Mediobanca (ammontare corretto ex dividendo). Mentre scriviamo MPS passa di mano a 6,93 euro (-0,09%) e Mediobanca a 18,22 euro (-0,03%).
L’offerta quindi implica uno sconto sui valori di Borsa di Mediobanca del 3,65%, ossia valuta Mediobanca 14,62 miliardi di euro, mentre Piazzetta Cuccia vale a Piazza Affari circa 15,18 miliardi di euro (fra l’altro in queste stesse ore MPS vale decisamente meno, circa 8,73 miliardi).
Ma in fondo potrebbero anche essere dettagli. La soglia minima per il successo dell’offerta di MPS è stata fissata ad appena il 35% del capitale più un’azione e Caltagirone e Delfin che verosimilmente aderiranno all’offerta sono accreditati di poco meno del 10% e poco meno del 20% rispettivamente.
Mps su Mediobanca... Caltagirone nega alcune ricostruzioni di Nagel: la questione dell'ABB
Proprio le compravendite di titoli sono alla base dell’ultima polemica. Dopo serena riflessione oggi riceviamo infatti una nota del gruppo Caltagirone che contesta due affermazioni fatte dall’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel in occasione della conferenza stampa di lunedì 14 luglio, quando il manager ha ribadito le proprie ragioni di avversione a questa offerta ritenuta ostile.
“È falso – riporta il comunicato - che il Gruppo Caltagirone abbia realizzato significativi acquisti di azioni Montepaschi ad aprile o comunque a ridosso della convocata assemblea del 17 aprile u.s., quando sarebbe stato compravenduto il 12% del capitale”.
Qui urge un passo indietro, i profili dei volumi di MPS ad aprile hanno registrato dei picchi (un po’ come tutto il mercato nel pieno della tempesta dei dazi di Trump), ma niente di anomalo in assoluto. Di certo l’assemblea del 17 aprile è stata un passaggio fondamentale per l’operazione della banca senese su quella milanese appena partita.
Nagel ha ribadito di ritenere che ci siano state troppe ‘anomalie’ in questa vicenda, a partire dal ruolo del governo e dal suo collocamento accelerato da ultimo lo scorso novembre del 15% di MPS finito in buona parte a Caltagirone e Delfin, ossia a due soci chiave della stessa Mediobanca.
Non a caso su questo verte la seconda contestazione di Caltagirone alle dichiarazioni di Nagel: “E’ falso che il Gruppo Caltagirone abbia offerto lo stesso prezzo degli altri aggiudicatari nella procedura di ABB con la quale in data 13 novembre 2024 il MEF ha ceduto partecipazioni in MPS, come dimostra il fatto che il prezzo offerto dal Gruppo Caltagirone era superiore a quello di aggiudicazione, il che dimostra che esistevano offerte a prezzo inferiore a cui il prezzo finale fissato dal bookrunner si è allineato”.
Il tema a distanza di mesi non è peregrino perché in seguito su quell’ABB la procura di Milano ha sentito a giugno l’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel. Il tutto avrebbe preso il via da una querela per diffamazione di Stefano Vincenzi (Group Legal & General Counsel di Mediobanca) anche lui sentito dalla Procura.
Negli stessi giorni il Financial Times riportava che la Commissione Europea stava vagliando la correttezza di quell’ultima privatizzazione del 15% di MPS che era stata gestita dalla Banca Akros del Banco BPM (banca a sua volta sotto assedio da parte di Unicredit). Nell’articolo si ipotizzava che dal processo di privatizzazione di MPS in precedenza gestito da altri player (BofA, Cirigroup, UBS, Jefferies e Mediobanca) fossero stati esclusi arbitrariamente grandi investitori come Unicredit, il fondo petrolifero norvegese e BlackRock.
Lo stesso giorno, il 24 giugno 2025, una secca nota di Banca Akros smentiva per intero la ricostruzione del quotidiano britannico e in particolare bollava come falsa l’affermazione che Unicredit avrebbe piazzato un ordine per l’acquisto del 10% delle azioni.
Non molto sembra cambiato da allora e per il lettore e l’investitore comune tutto sembra ancora oggi risolversi in teoremi privi di costrutto, assai meno palatabili delle contrapposizioni tra diverse prospettive industriale dei due gruppi.
Mps-Mediobanca: le contrapposizioni sulle prospettive industriali
Sulle pagine dei giornali si contrappongono i proclami di Piazzetta Cuccia: "Nessun razionale. Nessun valore. Non aderire all'Offerta MPS!" e quelli di MPS che le risponde un po' surreale MPS con la scritta "Diamo vita a una nuova forma di banca. Insieme" sopra una farfalla che spunta da un uovo.
A Bloomberg ieri l’amministrato delegato di MPS Lugi Lovaglio ha dichiarato che se vincerà la campagna su Mediobanca sostituirà l’amministratore delegato Alberto Nagel: “Mi sembra evidente che Nagel non sia interessato all’operazione: l’ho chiamato e non mi ha risposto”.
Fra l’eufemismo e l’ironico, visto che il manager ha da poco tenuto, come detto, una conferenza stampa per bocciare l’offerta.
Non era però formalmente scontato un avvicendamento al vertice perché MPS ha sempre dichiarato di volere difendere il brand di Mediobanca. Ora già circolano i nomi di Fabrizio Palermo e Mauro Micillo.
Il controllo di fatto è appunta sopra la vicina soglia del 35% più un’azione. Le altre soglie sono naturalmente molto più interessanti (abbiamo da poco ricordato le soglie principali di capitale da tenere in considerazione nelle offerte). Al 50% più un’azione il controllo legale, al 66,67% la possibilità di promuovere una fusione e soprattutto sfruttare a piano le DTA da 2,9 miliardi di euro che sono una parte essenziale della proposta di valore di MPS… Lovaglio ha dichiarato di essere convinto di superare la soglia dei due terzi del capitale, quella appunto del 66,67% che permette in teoria di deliberare la fusione in assemblea generale.
Per il resto era già tutto noto. Lovaglio prevede sinergie da 300 milioni l’anno sui ricavi a regime, da altri 300 milioni sui costi e per 100 milioni sul funding. Dopo costi una tantum per 600 milioni. Diverse incognite, comprese le soglie di capitale, potrebbero però alterare questi numeri.
Nagel, che nel frattempo ha promosso un piano che prevede di restituire agli azionisti il 100% degli utili in dividendi per quasi 5 miliardi in tre anni, la pensa in maniera radicalmente opposta: il corrispettivo è a sconto, anzi sono previste delle dissinergie da 460 milioni di euro in caso di fusione e fino a 665 milioni senza. Sarebbero danneggiate le divisioni CIB e Wealth Management.
Due prospettive diverse, un vero e proprio scontro. Nelle prossime settimane saranno però gli azionisti di Mediobanca a decidere se credere o no in questa offerta.