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Aumento di capitale di Banca MPS: cosa c'è da sapere

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
7 min

Le nuove azioni a 2 euro, il 7,9% sul TERP, ovviamente calcolato dopo il maxi accorpamento. Le banche alla fine coprono l’operazione e la nebbia si dirada, ma fra impegni UE, piano, dipendenti e costi il percorso non sarà facile e il titolo intanto continua a soffrire.

Aumento di capitale di Banca MPS: cosa c'è da sapere

Tutti pronti per il settimo aumento di capitale di MPS in 14 anni. Sarà di nuovo soprattutto lo Stato a togliere le castagne dal fuoco alla banca senese, ancora una volta il parco buoi soffre. L’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro fustiga infatti il titolo.

Fra spread denaro/lettera elevati e finestre di operatività ridotte, l’andamento irregolare delle contrattazioni genera a più riprese la sospensione automatica del titolo. Di certo MPS aggiorna i minimi storici a 18,042 euro e segna adesso (mentre il titolo è comunque ancora sospeso) un ribasso teorico del 29,63 per cento.

In Borsa insomma sono Paschi, eppure le novità non sono poi così terribili o almeno non sono inaspettate.

MPS, le condizioni generali dell'aumento

L'operazione da 2,5 miliardi di euro prevede l'emissione di 1.249.665.648 nuove azioni ordinarie, quindi circa 1,25 miliardi di titoli a fronte delle 10.024.058 azioni attuali (dopo il recente raggruppamento 100:1).

Saranno quindi emesse quasi 125 azioni nuove per ogni azione vecchia, nel rapporto di sottoscrizione di 374 a 3. Prezzo di sottoscrizione a 2 euro, ossia con uno sconto del 7,79% circa sul TERP (il prezzo teorico ex diritto).

Il periodo di adesione comincerà il 17 ottobre 2022 e terminerà il 2 novembre 2022. I diritti di opzione dell'aumento dei capitale saranno negoziabili tra il 17 e il 25 ottobre ed esercitabili per tutto il periodo.

Le caratteristiche di aumento iperdiluitivo dell'operazione (coefficiente di rettifica K sotto 0,3) faranno scattare il modello rolling, ossia la possibilità si esercitare da subito, giorno per giorno, i diritti ottenendo le nuove azioni il giorno stesso (e quindi con la possibilità di arbitraggi tra azione ed opzione).

Prevista una eventuale asta dell'inoptato tra 1° e 2 novembre (con possibilità di esercizio dei diritti corrispondenti entro il 3 novembre 2022).

MPS: le banche sbloccano le garanzie, il ruolo dei partner

La prima novità vera è che l’operazione è coperta, comunque vada andrà a buon fine perché alla fine le banche hanno ceduto e si sono impegnate a sottoscrivere l’inoptato.

L’unica italiana del consorzio è Mediobanca, joint global cordinator con Bank of America, Citigroup e Credit Suisse; poi ci sono Santander, Barclays, SocGen e Stifel, che fanno i joint book runner. Un pool nutrito di campioni della finanza globale che si è impegnato a sottoscrivere l’eventuale inoptato (ossia i titoli che MPS non riuscisse a piazzare sul mercato con l’aumento) fino a 807 milioni di euro.

A questi si aggiunge un altro garante, Algebris, che si è impegnata su un eventuale inoptato fino a 50 milioni di euro.

Complessivamente quindi lo Stato Italiano metterà il pro-quota per il suo 64,23% del capitale, quindi circa 1,6 miliardi di euro, poi ci sono garanzie su altri 857 milioni di euro. Sostanzialmente quindi manca la garanzia di sottoscrizione solo su circa 37 milioni, un’inezia su 2,5 miliardi, che permette di dire che l’operazione è già riuscita.

E oltretutto il potenziale gap si potrebbe presto chiudere perché, secondo voci Anima dovrebbe riunire stasera il cda e approvare una partecipazione all’operazione con 25 milioni di euro. Un segnale importante dal partner commerciale di MPS per due motivi: il primo la conferma della solidità dei contratti essere fino alla scadenza prevista del 2030, la fiducia nella banca senese per la quale Anima si era detta disponibile a investire fino a 200 milioni di euro in caso di rafforzamento delle partnership commerciali.

Anche l’altro partner storico di MPS, questa volta in campo assicurativo, ossia Axa sarebbe pronta a mettere 150 mln secondo i rumors. Ma anche le sue disponibilità dei giorni scorsi hanno sicuramente incoraggiato la chiusura della partita e l’intervento di garanti riottosi fino alla fine.

Comunque sia l’operazione MPS sembra a questo punto sostanzialmente coperta, anche se i tempi sono stretti (partirà lunedì 17 e terminerà il 31 ottobre giusto in tempo per rispettare gli impegni presi sul fronte del timing) e i vincoli non da poco.

Già perché il Tesoro ha preso precisi impegni con la Commissione Europea su questo fronte. Spiccano nel documento che li elenca omissis di rango, come quello sulla data in cui poi il Ministero dell’Economia dovrà vendere la banca, riprivatizzandola.

Di certo il Tesoro non potrà salire oltre il 64,23% della banca, cosa che ha imposto di garantire l’eventuale inoptato (se fossero mancati altri partecipanti all’aumento lo Stato avrebbe dovuto comprimere il proprio intervento per non crescere nelle quote).

Gli impegni con l’UE dello Stato su MPS e il piano industriale

Ma vediamo questi impegni, perché dicono molto delle prossime mosse che l’ad Luigi Lovaglio dovrà compiere per rilanciare la quinta banca italiana. Entro la fine del 2024 la banca dovrà ridurre il personale a 17.634 unità e le filiali a 1.258. A fine 2021 contava 21.244 dipendenti e 1.368 filiali, quindi dovrà tagliare in due anni 3.610 posizioni e 110 filiali. Saranno costi sociali ed economici.

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Lovaglio, 800 milioni di euro per il taglio del personale verranno proprio dalle risorse dell’aumento, più o meno quanto garantito dalle banche. Il bacino potenziale dei dipendenti sarebbe persino più ampio: 4.084 dipendenti con età media di 60 anni e anzianità di circa 34 anni.

A chi accetterà la proposta del gruppo (e secondo alcuni osservatori ci sarebbe già la fila), l’80-85% dello stipendio e un’uscita con un anticipo fino a 7 anni sulla data prevista di pensionamento (il cosiddetto “scivolo”).

Cifre che chiariscono come poi il piano industriale 2022-2026 presentato a fine giugno faccia fede delle strategie senesi anche oltre gli impegni presi dallo Stato con l’Europa.

I target del piano vedono un utile ante imposte di 705 milioni nel 2024 e di 909 mln nel 2026, un cost/income al 60% nel 2024 e al 57% nel 2026 (attualmente è al 71%, ma qui ci sono vincoli UE al 60% con margini nel 2024). Il Net NPE (cioè la percentuale di deteriorati) è programmata all’1,9% nel 2024 e all’1,4% nel 2026 (a fine 2021 era al 2,6%), con un CET 1 ratio al 14,2% nel 2024 e al 15,4% nel 2026. I costi operativi dovrebbero flettere a 1,872 miliardi nel 2024.

Meno discusso l’impegno a garantire che nessuno stipendio superi le 10 volte la media 2022 dei salari nel gruppo, forse anche perché diversi manager sono esonerati dal tetto stipendiale nel caso riescano a rispettare l’impegno di cessione della partecipazione da parte dello Stato (il che oltretutto chiarisce altri elementi di peso sulle prossime strategie).

MPS, in base agli impegni Ue presi dallo Stato, dovrà inoltre ridurre l'attivo patrimoniale a 140-150 miliardi di euro e LTD ratio all’87% (sulla liquidità ci sono un po’ di margini) entro il 2024. MPS dovrà inoltre cedere la filiale francese e proseguire con l’alleggerimento del portafoglio di leasing per un importo non divulgato (0-5 mld l’indicazione nel documento UE).

MPS poi dovrà vendere attività immobiliari per 100 milioni, le quote in Visa, Bancomat, Veneto Sviluppo, MPS Tenimenti Poggio Bonelli e Chigi Saracini S.p.A., and Immobiliare Novoli S.p.A. al valore di carico di circa 80-90 mln o in alternativa la quota di Banca d’Italia (ma qui il valore di carico è di 190 milioni). MPS dovrà anche chiudere a Shanghai entro il 2024 ed è previsto anche un trustee indipendente per monitorare l’implementazione dei nuovi impegni.

Alla fine del primo semestre MPS ha ancora un patrimonio netto di 5,83 mld (5,57 mld il CET1 e 7,31 mld il Total Capital), le attività ponderate per il rischio sono 47,78 mld, quindi il CET 1 Ratio è all’11,67% circa. L’NPE ratio è già del 2,2%, il Texas Ratio del 44,6% I deteriorati erano 4,1 miliardi di euro, ma c’è un piano per ridurli a 2,8 mld entro il 2026.

La posizione interbancaria netta era di 11,6 miliardi di euro in raccolta. Lo shortfall, l’ammanco di capitale che è alla base dell’aumento programmato, appunto di 2,5 miliardi di euro. Tutto compreso, si tratta di decidere se si crede o meno nelle promesse di rilancio del management.

MPS: e se lo stato riuscisse a vendere?

Se nel frattempo lo Stato riuscisse a vendere le proprie quote però gran parte degli impegni verrebbe meno: rimarrebbero in piedi solo quelli sul numero di filiali, sulla cessione di leasing e sul trustee indipendente di controllo.

Ma sicuramente prima di questo il titolo e soprattutto la banca e il suo personale dovranno passare dalle forche caudine di un aumento iperdiluitivo che potrebbe già dalla prossima settimana registrare movimenti importanti, anche per via del modello rolling applicato che permette la consegna dei titoli in giornata a chi partecipa e quindi consente rapidi arbitraggi.

Dalla prossima settimana insomma comincerà la nuova fase, ma il titolo già oggi ha avviato le danze.