Oro da record, ma conviene ancora?

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
7 min

Un investimento potenzialmente senza rendimento. In tempi di inflazione in rientro dovrebbe perdere quota, ma il rally non si ferma e, tra i tanti fattori globali, c'è un carburante essenziale: la paura

Oro da record, ma conviene ancora?

Il mondo è un luogo sempre più pericoloso e registra ogni giorno livelli crescenti di allarme che non si vedevano da decenni.

Droni e jet russi vìolano le frontiere europee, mentre da più di tre anni la guerra di Mosca in Ucraina continua. L’Europa è stata costretta a cercare gran parte del suo gas e del suo petrolio altrove, con importanti effetti di politica internazionale.

Il Medioriente in fiamme e la strage di Gaza, facile polveriera anche per accesi conflitti regionali, in più casi sbocca in terremoti per le catene di approvvigionamento globale, basti pensare agli impatti sui prezzi del petrolio quando cresceva la tensione sullo stretto di Hormuz.

L’America di Trump sempre più isolazionista e cinica (Taiwan vuole sicurezza? Paghi. L’Europa vuole sicurezza? Paghi) impone dazi globali dagli incerti effetti e cerca di tassare il resto del mondo per coprire un bilancio pubblico sempre più fuori controllo, con deficit pubblici superiori al 6% in quattro degli ultimi 5 anni e un debito pubblico al 120% del Pil.
Risultato gli interessi annuali sul debito americano hanno superato i 1.130 miliardi di dollari e per molti osservatori globali sono una mina inesplosa posta alla base dello sviluppo globale.

Nel mezzo l’intelligenza artificiale che promette e minaccia rivoluzioni che non si vedevano da più di un secolo e ridisegna anche le catene di approvvigionamento globali di materie prime critiche, mentre alimenta consumi energetici sempre più fuori controllo che rischiano di rendere ancora più insostenibile il bilancio di sostenibilità del Pianeta Terra.

In un contesto così incerto l’oro non può che festeggiare.

Oro, una corsa vertiginosa

Soltanto nel 2025 il metallo giallo prezzato in dollari ha guadagnato il 42,5% Quando è cominciata la sua corsa nel 2022 valeva circa 1.600 dollari l’oncia, oggi ne vale circa 3.750, ha registrato quindi un rally di circa il 130%.

L’oro in euro nel 2025 è cresciuto del 25,1%, molto meno di quello in dollari per via del forte deprezzamento della moneta unica sul biglietto verde. L’euro ha infatti perso il 15% circa sul dollaro da inizio anno.

Al punto che il vicepresidente della BCE Luis de Guindos ha dovuto mettere un limite, affermando che un rapporto euro/dollaro sopra quota 1,20 diventerebbe preoccupante anche per l’Eurotower: siamo a 1,1744.

Ma negli ultimi 15 anni l’oro in euro in media si è apprezzato del 10,4% l’anno, anche più della media del 9,3% dell’oro in dollari. Quindi ‘storicamente’ un investimento in euro sull’oro potrebbe avere senso soprattutto in questa fase.

Oro, le relazioni pericolose del metallo giallo

E questo chiama in causa le ‘relazioni pericolose’ dell’oro, a partire da quella con il dollaro che rappresenta di gran lunga la sua maggiore valuta di riferimento e quindi sconta un rapporto tendenzialmente inverso fra i due. Le domande da farsi, quando si guarda l’oro sono tante.

Si tratta di un’attività che non fornisce rendimenti, che non si può ‘abitare’ come un immobile e che oltretutto, come appena visto, ha più che raddoppiato il proprio valore negli ultimi tre anni, quindi ha già corso un  bel po’. Warren Buffet ha sempre condannato l’investimento in oro per via del semplice fatto che non fornisce generalmente un rendimento.
Ogni dollaro investito in oro è una rinuncia implicita al tasso risk-free che quel dollaro potrebbe guadagnare se investito in titoli di Stato.

È vero che nel lungo periodo secondo alcune ricerche il tasso di crescita dell’oro può essere assimilato a quel 3% in termini reali del Prodotto Interno Lordo. Ma va detto che secondo alcuni calcoli di JP Morgan ogni anno l’estrazione mineraria aumenta la quantità di oro nel mondo del 2% circa e quindi a quel 3% del Pil andrebbe tolto un 2% che ridurrebbe al lumicino i rendimenti teorici del metallo giallo.

L’oro dà il meglio quando c’è inflazione, una forte inflazione, e quando le valute FIAT, come vengono chiamate quelle emesse dalle banche centrali come dollari o euro, perdono il proprio valore di acquisto.

In queste situazioni difficili l’oro comincia a correre, come dimostrato anche danni anni passati di iperinflazione.

Ma nel 2025 con le spinte inflattive in gran parte domate o comunque decisamente ridimensionate sia in Europa, che negli Stati Uniti, l’oro sta crescendo ancora di più.

In molti denunciano la crescita imponente della domanda delle banche centrali che ha coperto, secondo Goldman Sachs, gran parte di quel raddoppio dei prezzi degli ultimi tre anni e non accenna a diminuire. Anche di recente abbiamo parlato del bilanciamento tra le forze dell’estrazione, i ‘consumi’ di oro delle banche centrali, quelli per gioielli e per l’industria con dati aggiornati.

A questi temi, che come tutte le materie prime riconducono l’oro all’essenziale equilibrio tra domanda e offerta, vanno però aggiunti quegli argomenti ‘catastrofali’ che però per l’oro sono quasi una carta d’identità.

Oro, l'importanza della sicurezza

Rifugio sicuro, in inglese safe haven. Senza arrivare all’ipotesi di scuola di una dedollarizzazione (in corso senz’altro, ma limitata), la crescita della domanda di oro delle banche centrali non occidentali invia diversi segnali.

Sfiducia nel corso economico statunitense e nella forza del dollaro che ha perso appunto in 9 mesi il 15% del proprio valore sul maggiore concorrente.
Timore per conti pubblici americani sempre più fuori controllo (secondo molti ancor di più dopo il Big Beautifull Bill) che rischiano di minare l’affidabilità dei Treasury statunitensi e del dollaro. Crescita esponenziale della frammentazione geopolitica e impatti pesanti sulla globalizzazione che ha storicamente avuto effetti deflattiva.

Il mondo a compartimenti stagni di Trump rischia di avere un’inflazione molto più alta e quindi potrebbe creare un ambiente favorevole per le quotazioni dell’oro.

Oro sì, ma in pratica?

C’è chi suggerisce un’allocazione del proprio portafoglio tra il 5 e il 10% in oro, le posizioni sono diverse e variegate.

Alcune considerazioni preventive vanno comunque liquidate. I future e i derivati sull’oro, compresi diversi certificati, sono strumenti complessi adatti al pubblico più smaliziato.

L’acquisto di oro fisico tramite monete, lingotti e affini o con l’apertura di conti correnti in oro et similia può avere i suoi vantaggi, ma spesso è più consigliabile a portafogli capienti che possono marginalizzare il peso di costi accessori che possono diventare rilevanti.

L’approccio finanziario più semplice riduce spesso il dilemma a due o tre possibilità: fondi comuni (OICR) indicizzati sull’oro o collegati per strategia alle sue performance, ETF/ETC su oro fisico e titoli minerari.

Cominciamo dalla fine. Il titoli minerari di grandi gruppi quotati come Barrick Gold, AngloGold, Newmont e affini tendono a riflettere i movimenti dei prezzi dell’oro, ma ne amplificano la portata, quindi tendenzialmente guadagnano o perdono di più del metallo giallo nelle varie fasi.
Possono avere un vantaggio importante nella distribuzione di dividendi che aggiunge a un investimento in oro un gradito rendimento, ma richiedono generalmente una gestione più attenta.

Gli ETF o ETC su oro fisico sono probabilmente la scelta più semplice ed economica: il loro obiettivo statutario è quello di riflettere le quotazioni dell’oro, ma non ci sono complicazioni come il costo di un caveau.
Come per tutte queste alternative, anche per gli ETF è essenziale comprendere bene i costi di gestione, di acquisto, le eventuali commissioni di performance o di uscita che caratterizzano questi prodotti. Una distrazione su questo fronte può costare molto cara in termini di rendimenti, soprattutto se si vogliono costruire gradualmente delle posizioni, come con un PAC, ma si dispone di un conto o di un gestore che addebita costi di acquisto titoli rilevanti.

Gli ETF sull’oro sono numerosi e capienti, quindi tendenzialmente affidabili (almeno in termini di liquidità): tra i più redditizi ricordiamo iShares Physical Gold EUR Hedged ETC; WisdomTree Physical Gold – EUR Daily Hedged; Xtrackers IE Physical Gold EUR Hedged ETC Securities.

I fondi comuni indicizzati sull’oro possono essere un’alternativa, con alcuni gestori, specialmente se i costi di gestione dei fondi sono competitivi.
I fondi OICR sono tendenzialmente strumenti più complicati degli ETF, quindi diventa ancor più importante comprenderne caratteristiche e costi come indicati nel KID e nella documentazione residua.