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Settimana lavorativa ridotta a 36 ore in Italia: la proposta

di Miriam Ferrari pubblicato:
3 min

Giuseppe Conte, il capo politico M5s, ha proposto l’introduzione della settimana lavorativa ridotta da 40 a 36 ore con la medesima retribuzione salariale. I tempi sono maturi per attivare la settimana corta anche in Italia? Ecco come funziona negli altri Paesi del mondo.

Settimana lavorativa ridotta a 36 ore in Italia: la proposta

Secondo i dati Ocse, l’Italia è uno dei Paesi nei quali si lavora di più: ma lavorare tanto non è sempre indice di maggiore produttività. Come ha spiegato l’ex premier Giuseppe Conte, attuale capo politico M5s, infatti, oltre una certa soglia la produttività non migliora più, anzi forse è il contrario.

Da questi studi, negli ultimi anni sono emerse diverse proposte di introduzione della settimana lavorativa ridotta da 40 a 36 ore a parità salariale. L’ultima arriva proprio dal capo politico M5s in vista delle prossime elezioni politiche di settembre.

Ma come funziona la settimana lavorativa ridotta a 36 ore e quali sono i Paesi che hanno già adottato la settimana corta? È possibile ridurre l’orario di lavoro anche in Italia?

Settimana lavorativa ridotta a 36 ore: come funziona la proposta

Mentre Enrico Letta lancia la proposta di un nuovo bonus 10.000 euro per i giovani di 18 anni, Giuseppe Conte propone di introdurre la settimana lavorativa ridotta a 36 ore, mantenendo la stessa retribuzione per i lavoratori. Come funziona?

Grazie a questa nuova proposta, i lavoratori potrebbero arrivare a svolgere 36 ore a settimana, anziché le 40 ore previste attualmente, mantenendo la stessa retribuzione. In questo modo, ha spiegato il leader M5s, si potrebbe dimostrare che un maggior numero di ore di lavoro svolte non equivale a un aumento della produttività, o almeno oltre una certa soglia.

La riduzione dell’orario di lavoro – proposta che sta emergendo di nuovo al termine della pandemia – potrebbe concretizzarsi su base volontaria per un numero limitato di aziende. In questo modo si potrebbero valutare gli impatti di una simile rivoluzione.

Gli esperimenti, infatti, spesso partono su base volontaria e prevedono l’adesione di un piccolo campione: a questi lavoratori viene proposto un orario ridotto pagato con la stessa retribuzione mensile. Per coloro che non aderiscono all’esperimento, invece, vengono previsti aumenti salariali.

Settimana lavorativa ridotta a 36 ore: è possibile in Italia?

D’altronde, la proposta di riduzione dell’orario di lavoro e il tema della settimana corta non sono argomenti nuovi per il nostro Paese: ancora prima del rilancio di Giuseppe Conte ci sono state altrettante iniziative simili mai concretizzate.

Per esempio, ai tempi del Governo guidato da Roma Prodi, fu Fausto Bertinotti a proporre la riduzione dell’orario di lavoro nel 1997. L’anno successivo la settimana corta venne sperimentata per la prima volta in Francia e successivamente anche in Germania. Attualmente in questi Paesi sono ancora in corso le riforme per la riduzione dell’orario settimanale di lavoro e non vi sono stati particolari danni legati a questa rivoluzione.

Per l’Italia il periodo post pandemia potrebbe essere il momento giusto per la sperimentazione della settimana lavorativa ridotta a 36 ore?

Settimana lavorativa ridotta negli altri Paesi del mondo

Mentre in Italia si discute sulla possibile introduzione della settimana lavorativa ridotta a 36 ore, in altri Paesi europei e mondiali la settimana corta è già una realtà consolidata. Ma come funziona in questi Stati e che cosa è cambiato?

In Spagna, Islanda e Belgio le sperimentazioni sono già state effettuate e sul tema della settimana corta esistono specifiche normative: ciascun lavoratore ha diritto a svolgere la settimana lavorativa con redistribuzione delle ore su 4 giorni anziché 5.

Decisamente virtuosa è anche l’esperienza del Giappone, dove i lavoratori prestano attività nelle aziende per soli quattro giorni a settimana.

Ma ulteriori esempi di settimana lavorativa ridotta possiamo trovarli anche in Scozia, dove le ore di lavoro sono diminuite del 20% mantenendo la stessa retribuzione ancora prima del periodo di pandemia.