FTAOnline

Tecnologia: la battaglia di Fortnite continua e rivoluziona l’industria, quasi come l’AI

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
9 min

L'Apple e il Google store sotto fuoco incrociato in Europa e negli Stati Uniti: la liberalizzazione incombe e potrebbe essere un cambiamento epocale. Alla guerra sull'intelligenza artificiale, potrebbe insomma affiancarsi insomma una nuova battaglia trasversale dei piccoli con i grandi per un'innovazione diffusa. L'esito è incerto, ma le pressioni non mancano

Tecnologia: la battaglia di Fortnite continua e rivoluziona l’industria, quasi come l’AI

Per ora Alphabet rimane fuori dal recinto sempre più angusto dei “Fabulous 4”, il manipolo dei quattro titoli Nvidia, Meta, Microsoft e Amazon che sta al centro delle attenzioni degli investitori globali dopo la decimazione dei Magnificent 7, ossia dei magnifici 7 che comprendevano anche Apple, Tesla e la stessa Alphabet, la casa di Google.

I primi sette l’anno scorso avevano concentrato la corsa di Wall Street su performance eccezionali riuscendo a coprire da sole il 62% dei rialzi dell’S&P 500.

La concentrazione del rischio e dei capitali così cominciava già a destare allarme. Ma la riduzione della pattuglia dei Magnifici 7 (copyright di John Sturges, regista del famoso western del 1960 con Yul Brinner tratto a sua volta dai Sette Samurai di Akira Kurosawa) alla più cauta band dei Beatles del settore tecnologico, rischia di fare la stessa fine del gruppo finito inevitabilmente ko a un certo punto.

Tecnologia, la trincea dell'ultimo miglio

I multipli sono già saliti molto e il taglio dei tassi tarda a venire. Anzi i rischi di un rinvio del taglio dei tassi (che alleggerirebbe molto il peso degli investimenti in AI e diavolerie varie) si moltiplicano ogni giorno che passa l’inflazione e la crescita a stelle e strisce resistono nella trincea dell’ultimo miglio di convergenza verso il 2%

Similitudini a parte, il capitale ha cominciato respirare, ad analizzare le tante azioni che sul nuovo boom dell’AI hanno qualcosa di personale da dire. Qualcosa di concreto però, visto che le promesse della rivoluzione dell’ultimo anno si confrontano ormai da tempo con valutazioni di mercato da capogiro che imporranno di mantenere le promesse fatte al mercato.

Bisognerà (e presto) mettere a terra i fatturati e gli utili che tutti si aspettano, pena una fuga anche violenta dai protagonisti dell’ultimo anno che potrebbe destabilizzare i mercati, magari riequilibrarne i panieri, sicuramente scoppiarne le molte bolle.

Bolle rumorose però, di quelle da record del Nasdaq. Degli sboom memorabili che nessuno si augura, ma che in molti da tempo presagiscono come inevitabili.

Certo il tech di Wall Street ha abituato da tempo i mercati a multipli esagerati e quindi è possibile che anche in questo caso ci siano scenari da soft landing o addirittura da no landing. Di certo i prossimi bilanci saranno sempre più scandagliati, come già avvenuto per l’ultimo di Microsoft quando il decollo degli investimenti dette diversi scossoni al mercato.

Tecnologia, Alphabet/Google alle prese con la battaglia di Fortnite

Ma nel caso di Alphabet, cacciata dal palco per i su e giù del primo trimestre 2024, ci sono state motivazioni giuridiche nazionali e internazionali, oltre a diverse novità industriali. Né, dati gli ultimi slanci di mercato, è da escludere per la holding di Google un rapido ritorno tra i primi della classe. L’azione ha segnato un “timido” +14,18% da inizio anno e di recente ha superato di slancio i massimi dello scorso 29 gennaio, toccando ieri con una bella candela rialzista (tra volumi limitati però) i 159,61 dollari di massimo intraday. Sono i nuovi massimi storici dell’azione, ca va sans dire, ma il mercato ormai non ci fa quasi caso.

D’altronde ha continuato a far parlare di sé quella rogna di Epic Games, che sta mettendo nei guai quella miniera d’oro che è Google Play.

La casa dei videogiochi è celebre per Fortnite, il videgame più famoso degli ultimi anni, e ha avuto la forza e il coraggio di sfidare Google Play in casa, chiedendo sostanzialmente l’abbattimento di quelle barriere anticoncorrenziali che vincolano gli utenti della piattaforma di scarico delle app più famosa del mondo.

In teoria il sistema operativo Android è open source e tutte le piattaforme collegate dovrebbero mantenere questo approccio democratico, in pratica c’è il reale sospetto che Google riesca a fare una cresta.

Lo strappo è avvenuto con la pronuncia della Corte Nord della California dello scorso 11 dicembre 2023, quando Google Play è stato dichiarato colpevole di abuso di posizione dominante nel mercato di distribuzione delle app e nel sistema di fatturazione dei servizi digitali, quindi in sostanza dichiarato un monopolista illegale in tutto il mondo (con l’eccezione della Cina). Non solo una questione di principio, ma anche di soldi, visto che la Grande G prendeva (e in gran parte prende ancora) il 30% dagli sviluppatori per farli affacciare sulla sua vetrina in teoria aperta.

Ci sono voluti tre anni di battaglie legali. La logica conseguenza, rimessa ora al giudice James Donato, dovrebbe essere la libertà di Epic Games di introdurre liberamente il proprio app store (negozio online in pratica) e i propri relativi sistemi di pagamento sul sistema android, con un effetto potenzialmente dirompente per tutto il sistema delle app nei circuiti android, quindi nei sistemi più impiegati nei cellulari occidentali.

Tecnologia: la parallela battaglia della casa di Fortnite contro Apple

Una battaglia legale parallela è stata condotta da Epic Games contro Apple, con l’esito già nel 2020 della rimozione di Fortnite dal suo App Store.

Un lungo esilio che è approdato di recente in Europa. Prima l’approvazione del Digital Markets Act, poi una multa per 1,8 miliardi di euro per abuso di posizione dominante nella musica in streaming (al sistema di Spotify), poi l’avvicinarsi della scadenza per l’adesione delle piattaforme alle prescrizioni su libertà degli sviluppatori e produttori di app terze, hanno costituito una tripletta che ha permesso anche il ritorno di Fortnite sul mercato digitale della mela di Cupertino.

Tutto si è chiarito ai primi di marzo con le pronunce della Commissione UE e i chiarimenti della casa, con una nota di Epic Games che dichiarava la vittoria anche nel Vecchio Continente.

Anche Apple, come abbiamo detto all’inizio, è stata bandita dal palcoscenico dei Magnifici 7 di Wall Street: e per lei le performance di Borsa dall’inizio dell’anno sono addirittura negative con un -9,14% nonostante il bel balzo di ieri fino a massimi intraday 175,45 dollari sul Nasdaq, fra volumi questa volta superiori alla media.

Tecnologia: la liberalizzazione dei marketplace è però solo all'inizio

Ma le cose non sono così lineari come questa pressione congiunta di Stati Uniti ed Europa lasciano intendere dopo le dichiarazioni, le sanzioni, le prese di posizione. È di queste ore infatti la notizia che Epic Games ha chiesto al giudice James Donato di San Francisco, con un’ingiunzione, di imporre a Google l’applicazione delle norme di libero mercato per l’accesso a Google Play e alle varie piattaforme di servizio in maniera autonoma e competitiva.

Epic Games vuole molte cose: non solo l’accesso a Google Play Store e il via libera alla distribuzione diretta dei suoi prodotti, ma anche che nei suoi contratti con i produttori di dispositivi la Grande G non sigli accordi di boicottaggio alla preinstallazione di app alternative alle sue. Insomma sul telefonino Samsung o Apple le app di Epic Games e di qualunque sviluppatore devono poter essere inserite liberamente anche in fase di installazione e Google non deve siglare accordi con il suo Google Play per ostacolare la concorrenza in questo ambito.

Tutta una serie di impegni per il libero accesso alla domanda di servizi digitali da parte dell’utenza senza vantaggi prestabiliti e anticompetitivi da parte delle piattaforme di Google.

Il giudice Donato non è obbligato a garantire le richieste dell’ingiunzione e potrebbe ora aprirsi una seconda, aspra e lunga battaglia legale sui vari punti.

Probabilmente non sarà facile per Epic Games sbloccare in concreto le cose, altrettanto probabilmente, però, per Google fioccherebbero sanzioni importanti, se non sbloccasse le sue piattaforme come è tenuta a fare in base alla pronuncia della Corte della California.

Per Apple e Google Play e per l’utenza globale delle loro piattaforme che sono gli attuali pilastri di quel processo epocale che è la dematerializzazione dei consumi sarà comunque una rivoluzione carica di insidie.

Tecnologia, dal marketplace all'AI, dai chip alle filiere, la concorrenza resta essenziale

Nella tecnologia globale, come detto, si nota una generale e fiera competizione sul fronte dell’intelligenza artificiale: il Bard di Google che sfida ChatGPT di OpenAI/Microsoft, mentre l’Alexa di Amazon e il Siri di Apple faticano a tenere il passo e Meta combatte a tutto campo inserendo AI dappertutto, da WhatsApp a Messanger a Instagram e abbordando anche l’elettronica dei chip con l’annuncio del suo Meta Training and Inference Accelerator (MTIA), versosimilmente diretto ai server basato sulle più recenti trovate della taiwanese TSMC.

L'annuncio del nuovo MTIA di Meta è stato peraltro comunicato proprio il giorno dopo che Intel ha annunciato il suo sistema Gaudi 3 Ai accelerator.

Un po’ tutti, dato il successo di Nvidia, puntano su tecnologie fisiche più o meno proprie. Microsoft ha annunciato i chip customizzati Maia 100 e Cobalt 100 per le infrastrutture cloud di Azure.
Google in passato (nel lontanissimo 2017) ha parlato dei suoi processori TPU e Amazon ha lanciato, tramite la sua AWS (il vero motore del valore del gruppo) i nuovi Trainium AI Chip e Graviton che potenziano la partnership con Nvidia.

Ma in mezzo a questa pioggia di miliardi di investimenti e promesse su cui una classe di giganti tecnologici globali incassa già da tempo lauti acquisti in Borsa, la questione della competizione equa ritorna prepotentemente e probabilmente nei prossimi mesi e anni si farà ancora sentire e modellerà sempre di più l’assetto di un’industria vitale, ma - come le performance di Wall Street dell’ultimo anno - ancora troppo concentrata.

Anche senza considerare tutte le implicazioni geopolitiche (l’AI cinese e non solo vista come una minaccia Stati Uniti, i chip di TSMC che fanno gola a Beijing o le tecnologie e le filiere della Repubblica in Europa per esempio) o politiche (in uno degli anni elettorali globali più caldi di sempre, Europa, Stati Uniti e non solo temono l’impatto dell’AI sulle campagne), l’allargamento della platea di protagonisti sul menù tech del consumatore globale sarà questione di lungo periodo. Né è ancora scontata.

In teoria nel menù c’è già quanto basta per le ricette nuove anche dei più piccoli, in pratica lo scenario è sempre e ancora quello di titani (generalmente a Stelle e Strisce, qualche volta cinesi o sudcoreani) che si dividono il grosso, mentre le briciole rimangono a qualche Unicorno e le barriere rimangono in pratica frequenti nel panorama che, visto da vicino, è assai meno globale e assai più locale, di quanto sembri.

Ostacoli e standard che si nutrono di competizione, ma alimentano ancora monopoli assai meno fragili di quanto la cartellonistica racconti. Forse alla fine la distribuzione degli investimenti su una platea più ampia a Wall Street e nei listini europei attuerà soltanto una gestione più efficace del rischio. Ma in fondo la concorrenza non è anche questo? Forse invece tutto resterà, oltre qualche piccola riforma, così com'è.

Ma nonostante la scarsità di speranze positive in quest'epoca difficile, lo sbocciare di una tecnologia diffusa veramente inclusiva potrebbe anche partorire un nuovo megatrend laddove meno te lo aspettavi.

In fondo se c’è una cosa che le transizioni a 360 gradi dell’ultimo decennio almeno ci hanno insegnato, è che non si può mai dare nulla per scontato…