Tregua fiscale, rottamazione delle cartelle in cinque rate: calendario e scadenze
pubblicato:Al 30 novembre 2022 è in scadenza il pagamento dell'ultima rata della rottamazione ter, mentre la Manovra 2023 prevede novità sulla nuova tregua fiscale. Si va verso una sanatoria fiscale? Ecco come cambia il calendario e quali sono le scadenze della pace fiscale del Governo Meloni.

Tante novità in arrivo nella prossima Legge di Bilancio 2023, a partire da una nuova tregua fiscale che dovrebbe permettere ai contribuenti in debito con il Fisco di prendere una leggera bocca di ossigeno: saranno cancellate le cartelle esattoriali di importo inferiore a 1.000 euro notificate entro il 2015.
Tuttavia, è sempre più vicina la scadenza del 30 novembre 2022, data ultima per saldare la rata della rottamazione ter (entro il 5 dicembre con tolleranza).
Il Governo Meloni pensa a una sanatoria fiscale, ovvero la fissazione di cinque nuove rate per tutti i contribuenti che non saranno in grado di versare la rata di novembre relativa al 2022.
Ecco come cambia il calendario delle scadenze fiscali e cosa prevede la tregua fiscale del Governo Meloni: condono, sanatoria fiscale e rottamazione delle cartelle.
Tregua fiscale: come funziona la rottamazione delle cartelle
Nella bozza della Legge di Bilancio 2023 è stata inserita anche una tregua fiscale per i contribuenti in debito con il Fisco. Ma come funziona la rottamazione delle cartelle e il mini condono previsto da Giorgia Meloni?
Come scritto nel testo della Manovra:
Sono automaticamente annullati, alla data del 31 gennaio 2023, i debiti di importo residuo, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2015.
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Come spiega il quotidiano Il Messaggero (nell'immagine qui in alto) sono almeno 1.100 miliardi i crediti fiscali non riscossi dallo Stato, per i quali la riscossione costerebbe di più della cancellazione.
A partire da questa constatazione, il Governo ha deciso di cancellare le cartelle esattoriali di importo inferiore a 1.000 euro, notificate entro il 2015. Per gli importi superiori, invece è previsto lo stop alle sanzioni e agli interessi, oltre alla fissazione di un'imposta unica al 5% con possibilità di rateizzazione del pagamento in 5 anni.
Sarebbe allo studio, secondo quanto riporta il quotidiano, anche una sanatoria fiscale per i contribuenti che non saranno in grado di rispettare la scadenza del 30 novembre 2022 per la rata della rottamazione ter.
Tregua fiscale, verso la sanatoria dei debiti: le novità sulla rottamazione
Il Governo Meloni pensa a una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali?
L'idea allo studio sembra quella di una sanatoria fiscale per la rottamazione ter, ovvero un beneficio per tutti i 500 mila contribuenti che non sono riusciti a rispettare il calendario e le scadenze del 2022.
La formula da utilizzare non prevede sconti o benefici particolari, ma semplicemente una sorta di tregua fiscale: possibile pagamento dilazionato a rate in 5 anni, ma per l'importo integrale delle imposte dovute, e un forfait per sanzioni e interessi del 5%.
Rottamazione ter: il calendario e la scadenza del 30 novembre
La prossima scadenza per oltre 700 mila contribuenti ancora in regola con i pagamenti della rottamazione ter è fissata al 30 novembre 2022: considerando i cinque giorni di tolleranza, si potrà pagare entro il 5 dicembre 2022.
Si tratta del pagamento delle somme già scadute rispettivamente:
- •
il 28 febbraio;
- •
il 31 maggio;
- •
il 31 luglio
di quest'anno e posticipate a causa del Covid.
Purtroppo, però, considerando la crisi energetica, l'inflazione e i rincari alimentati, pare proprio difficile che le famiglie già in difficoltà siano in grado di saldare i propri debiti entro il 5 dicembre.
Ecco quindi che il Governo si impegna a prevedere nuove scadenze e sanatorie fiscale per i contribuenti in difficoltà con il pagamento dei debiti con il Fisco.
Dei 1.100 miliardi di atti ancora di riscuotere, infatti, solo il 6% potrebbe essere ancora esigibile (come sostengono i calcoli della Corte dei Conti).