Nvidia investe 5 miliardi in Intel, ecco cosa c'è dietro
pubblicato:Una partnership che somiglia più a un salvataggio che a una bozza di filiera. Di certo conferma la forza gravitazionale di Trump anche nell'AI

Notizia enorme: Nvidia, la più grande società del mondo di microprocessori per l’intelligenza artificiale, nota per la caratteristica di essere ‘fabless’, ossia senza impianti (delega tutto o quasi a TSMC), investe nella storica rivale americana Intel, che ha rischiato di fallire proprio nel tentativo di resuscitare la produzione di microprocessori negli Stati Uniti.
Sicuramente un segno della caparbietà di Washington, una novità da dissezionare.
Nvidia investe 5 miliardi in Intel
L’annuncio di una partnership congiunta nel settore delle infrastrutture per l’AI, ossia i datacenter hyperscale, per imprese o i semplici pc per consumatori, ovviamente smorza l’abbinamento un po’ forzato.
La notizia spunta al centro del comunicato e chiaramente finisce nei titoli della cronaca internazionale: “Nvidia investirà 5 miliardi di dollari nelle azioni ordinarie di Intel a un prezzo di acquisto di 23,38 dollari per azione”. L’investimento è a sconto, ieri Intel ha chiuso a 24,90 dollari, quindi c’è uno sconto del 6,5% pure, ma va bene così, con un socio di questa portata era prevedibile il boom del titolo all’Opening Bell: durante i primi scambi leggiamo Intel, +23,79% a 30,243 dollari dopo un massimo a 31,79.
Intel, di recente avevano investito lo Stato Americano e Softbank
Avevamo appena scritto qualche settimana fa che, dopo un recente investimento di Softbank da ben 2 miliardi di dollari il 18 agosto, pochi giorni dopo lo Stato Americano ci aveva messo altri 8,9 miliardi di dollari, salendo al 10% e portando l’investimento pubblico – tutto compreso – a 11,1 miliardi di dollari.
Avevamo lasciato ieri il fondatore di Nvidia Jensen Huang a Londra con i Reali e Donald Trump a dirsi ‘deluso’ del fatto che, nonostante tutto la Cina aveva deciso di vietare ai suoi big tech i chip della società di Santa Clara (forse sono ancora arrabbiati per quel discorso sul quarto livello tecnologico di Lutnick).
Oggi la bomba. Anche Nvidia guadagna l’1,92% durante i primi scambi, per la società da oltre 4,13 trilioni di dollari comunque l’investimento non è da poco, circa un quinto dell’ultimo utile trimestrale. Ma è soprattutto una svolta strategica.
Nvidia+Intel, la svolta strategica che si prospetta
È facile capire infatti che se finora Nvidia i suoi chip li ha progettati e venduti, ora li dovrebbe anche costruire, con Intel, per poi riassemblarli e rivenderli sul mercato in vari sistemi, dai server delle imprese ai personal computer. Bisognerà sposare due lessici tecnologici, due filosofie.
Le architetture (diverse) dei chip delle due case saranno unite con la tecnologia NVLink, che è una tecnologia proprietaria che Nvidia usa per interconnettere i suoi chip ad alta velocità.
L’obiettivo è scalare la potenza degli ecosistemi x86 storici di Intel, che hanno caratteristiche proprie (per esempio un set di istruzioni complesse che riduce i registri denominato CISC).
Per i data center comunque l’idea è di consentire che Intel costruisca dei chip personalizzati sulle esigenze di Nvidia (dei chip cosiddetti custom, che sono in genere specializzati per determinate applicazioni, come quelle in cloud) che poi saranno integrati nei sistemi che la stessa Nvidia vende ai propri clienti.
Per i personal computer la sfida è forse anche più complicata: Intel costruirà e venderà sul mercato dei circuiti integrati (SOC) x86 che integrino anche la potenza dei circuiti integrati RTX GPU tipici di Nvidia.
Jensen Huang dice che: “L’intelligenza artificiale sta attivando una nuova rivoluzione industriale e reinventando ogni strato del mondo informatico dal silicone ai sistemi al software. Al centro di questa ricostruzione c’è l’architettura di Nvidia CUDA [la Compute Unified Device Architecture che una specie di incrocio tra libreria, architettura e un ambiente di sviluppo di NVIDIA]. Questa storica collaborazione lega strettamente l’AI di Nvidia e il computing accelerato con le CPU di Intel e il suo vasto sistema x86, una fusione due classici mondiali. Insieme espanderemo i nostri ecosistemi e porremo le fondamenta della nuova era del calcolo”. Forse se la poteva giocare meglio.
Anche il suo omologo il CEO Lip-Bu Tan arrivato di recente alla guida di Intel per traghettare fuori dal fallimento una società che in un solo trimestre perde 2,918 miliardi di dollari e segna una perdita operativa da 3,17 miliardi soltanto nella divisione fonderie, proprio quella che dovrebbe fare i nuovi chip, forse fa meglio: "Le piattaforme leader di Intel per data center e computing, unite alla nostra tecnologia di processo, manifattura e alle nostre avanzate tecniche di assemblaggio, completeranno l'AI di NVIDIA e accelereranno la sua leadership nell'accelerated computing verso nuove vette per tutta l'industria.
Apprezziamo la fiducia che Jensen e della squadra di NVIDIA hanno riposto in noi con il loro investimento e guardiamo avanti all'obiettivo di innovare per i nostri clienti e di accrescere il nostro business”.
L’impressione è che siano due mondi molto diversi costretti a girare nella stessa orbita, quella di Trump e dell’America che vuole a tutti i costi l’autarchia strategica anche nei chip. Magari c’è un modello nel Rapidus giapponese che concentra le risorse nipponiche dell’AI e di cui parlava Draghi l’altro giorno.
Difficile dire se funzionerà. Per ora il mercato ci crede, anche se è tutt’altro che un’operazione di mercato.